La peste suina, che ha portato alla carenza di carne di maiale in Cina, potrebbe aver favorito la diffusione del Covid negli esseri umani
Presente soprattutto in Cina, la peste suina negli ultimi mesi si è diffusa anche in Europa. Ora una nuova analisi suggerisce che proprio questa malattia potrebbe aver portato alla diffusione del Covid negli esseri umani.
La peste suina africana (PSA) è una malattia virale particolarmente contagiosa e spesso mortale per gli animali. Colpisce suini e cinghiali e, la sua capillare diffusione, ha portato nel 2019 ad un abbattimento di massa dei maiali in Cina.
Una situazione che poi ha coinvolto la Germania e preoccupato anche il nostro Paese.
Leggi anche: Peste suina africana: oltre 100 casi in Germania, c’è preoccupazione anche in Italia
Ora una nuova analisi collega la peste suina al covid. Un focolaio della malattia che contagia maiali e cinghiali potrebbe infatti aver preparato il terreno per il Covid-19 favorendo la diffusione negli esseri umani.
In che modo? La peste suina africana, che ha colpito la Cina per la prima volta nel 2018, ha fatto calare drasticamente le forniture di carne di maiale aumentando il potenziale di contatto con il nuovo virus, dato che le persone hanno iniziato a scegliere tipologie di carne alternativa (compresa quella derivante da animali selvatici).
C’è da ricordare che il maiale è la principale fonte di carne nella dieta cinese e il paese produce la metà dei suini del mondo. La peste suina è una malattia incurabile e, una volta che si è diffusa, l’unica soluzione è uccidere gli animali infetti.
Da qui lo sterminio dei suini in Cina che ha portato come conseguenza il calo dell’offerta di carne di maiale, un aumento dei prezzi e la ricerca di fonti alternative di carne da parte della popolazione. Queste fonti includevano animali selvatici, aumentando così notevolmente le opportunità di contatto con il virus.
“Pertanto, è più probabile che l’esposizione umana al SARS-CoV-2 da animali selvatici o infetti si sia verificata nel 2019, quando la Cina stava subendo i peggiori effetti della pandemia di ASFV (virus della peste suina africana)”.
L’analisi che afferma questo, recentemente pubblicata su PrePrints, ma ancora da sottoporre a revisione paritaria, è stata condotta da un team di ricercatori provenienti da Cina e Regno Unito.
Lo studio in pratica ipotizza che la peste suina sia un fattore trainante della diffusione di Sars-CoV-2 negli esseri umani, presentando una possibile spiegazione di ciò che è accaduto:
“Se più animali selvatici entrano nella catena alimentare umana, o attraverso la caccia o andando al mercato, ottenendo diverse fonti di carne aumentano le possibilità che il virus [Sars-CoV-2] raggiunga gli esseri umani” ha dichiarato David Robertson, professore di genomica virale e bioinformatica all’Università di Glasgow e autore dello studio”
La chiave per scongiurare una prossima pandemia potrebbe essere proprio capire tutti i dettagli che hanno permesso a quella che stiamo ancora vivendo di svilupparsi.
Tanti scienziati stanno studiando le origini del Sars-Cov2, incluso un team dell’Organizzazione mondiale della sanità che a febbraio è entrato per la prima volta nel mercato umido di Wuhan. L’ipotesi più sostenuta è che il nuovo coronavirus abbia avuto origine nei pipistrelli e abbia poi contagiato gli esseri umani, forse attraverso un animale intermedio.
Al momento, l’idea che la carenza di carne di maiale possa aver avuto come ricaduta proprio la diffusione di Sars-CoV-2 negli esseri umani è ovviamente solo un’ipotesi:
“Immagina un muro, è solo un mattone in quel muro di prove. È qualcosa che pensiamo debba essere considerato nella comprensione di ciò che è accaduto. Come spesso accade in questo tipo di indagini, possono essere necessari molti anni per districare le probabili rotte. [Anche se] è improbabile che sapremo mai esattamente cosa è successo – sembra probabile che troveremo un virus vicino a Sars-CoV-2 da un pipistrello, [o] forse un’altra specie” ha dichiarato il professor Robertson.
Fonti: PrePrints / The Guardian
Leggi anche: