Samuele, leader dei Subsonica, è tornato con l'album da solista "Brigata Bianca": ecco la recensione del secondo disco del cantautore torinese
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Samuel, al secolo Samuel Umberto Romano, leader dei Subsonica, da poche settimane è tornato con Brigata Bianca, il suo secondo progetto discografico da solita. A quattro anni da Il codice della bellezza, pubblicato nel 2017, Samuel ha scelto di proporsi al pubblico con un album che mette bene a fuoco le sue peculiarità di cantautore. Chi lo segue lo sa bene, Samuel un vezzo ce l’ha: nelle sue produzioni, la cura dei suoni va di pari passo con la scelta delle parole, che non è mai casuale o distratta. Brigata Bianca ne è l’ennesima prova.
Il ritorno di Samuel con Brigata Bianca
Quindici canzoni, svariati duetti, sei produttori: la brigata di cui Samuel è alla guida è eterogenea e stratificata, coraggiosa e sorprendente. Sì, perché il nuovo album del cantautore torinese è fatto di tanti volti, altrettanti suoni, è una grande festa in cui convivono, con estrema naturalezza, allegria e spensieratezza, malinconia e romanticismo, memoria e futuro. Brigata Bianca è un disco eterogeneo, affollato, intenso, capace di conciliare uno sguardo intimo e personale, tutto proteso a scavare nella profondità del suo autore, e uno ampio e estroverso, capace di trovare ispirazione negli altri, nella diversità, nell’incontro.
Brigata Bianca è una festa, dicevo, e ogni canzone che lo compone è un’attrazione: si passa dalle montagne russe ai cavalli a dondolo, dallo zucchero filato ai labirinti, le sensazioni che l’ascoltatore prova sono diverse e ognuna a suo modo unica. Perché unico, di fatto, è il lavoro svolto da Samuel. L’artista, che ben sa cosa significhi lavorare in gruppo, vista l’esperienza ultraventennale con i Subsonica, ha scelto di circondarsi di artisti diversi, apparentemente incompatibili, provenienti da mondi musicali differenti ma, a ben vedere, non per questo inconciliabili.
A Brigata Bianca, infatti, hanno lavorato sei produttori, vale a dire Michele Canova, Dade dei Linea 77, Federico Nardelli, Mace, Venerus, Machweo, provenienti dal pop, dall’indie e dall’urban. Non solo: Samuel ha scelto di duettare con artisti diversi per genere, età e percorso: da Colapesce, cantautore di razza, a Fulminacci, giovane promessa del nuovo cantautorato italiano. Tocca poi ai rapper Ensi e Johnny Marsiglia e a Willie Peyote, che sfugge a ogni definizione. Una squadra imprevedibile, che ha saputo dare dinamicità al progetto e una forma sempre diversa ma sempre riconoscibile.
Del resto, il marchio di fabbrica c’è e si percepisce a ogni sfumatura del disco, nonostante sia così variegato e imprendibile: Samuel è perfettamente a fuoco, la sua penna è riconoscibile, la sua voce è al servizio di un disco che racconta tante storie. Brigata bianca, infatti, somiglia a una linea tirata prima di fare un’addizione: il risultato è la somma di ricordi e promesse, leggerezza e profondità.
Le canzoni di Brigata Bianca
Quindici, dicevo, sono i brani che compongono il nuovo disco di inediti di Samuel, che è fatto di suoni elettronici, hip hop e techno. L’album si apre con l’energica Gira la testa, dove il ritmo sostenuto e incalzante fa da apripista a un lavoro che mette subito le cose in chiaro: è tempo di chiudere gli occhi e immergersi in una festa di suoni e colori; è tempo di ballare a piedi nudi, senza pensare a nulla, senza rimandare di un solo attimo l’allegria. Non importa quello che è successo, non importa quello che sarà (“...sta finendo un’altra estate insopportabile, torneremo ancora ad abbracciare un altro inferno da dimenticare“), conta il presente.
Giochi pericolosi, in duetto con Willie Peyote, è il racconto concreto e serrato di una storia d’amore passionale e travolgente, con un esito già scritto (“È il tempo di dirsi addio, lanciarsi da un altro pendio e chiedersi come sarà / Le dita puntate alla tempia, non so come tu ci riesca ad accoltellarmi con le parole“). Tocca poi a Se rimani qui, che parla ancora d’amore, ma osservandolo da una prospettiva diametralmente opposta: è l’amore quando inizia, tenero e prepotente allo stesso tempo, che richiede coraggio e determinazione (“Se rimani qui sarà come domenica / Se rimani qui la notte non ci troverà / Se rimani qui non te ne pentirai / Ad occhi chiusi puoi ascoltare il suono dei tuoi sogni“).
Tra un anno, la quarta traccia di Brigata Bianca, è un manifesto, del resto si apre con una domanda che ognuno di noi, almeno una volta, si è posto negli ultimi mesi: “Dove sarò tra un anno? / Cosa farà tra un anno?“. Un brano intimo, eppure corale, che si districa tra sensazioni diverse: c’è lo smarrimento per un futuro incerto, la malinconia per il tempo andato, la speranza per quello a venire.
Con Cocoricò, Samuel fa un’inversione di marcia, chiama a rapporto Colapesce e confeziona un brano che è un ricordo scanzonato e leggero (“Ma la musica coinvolge e tutto il resto conta poco / Quando senti che ti spinge, si rivive come in un gioco“).
Bum bum bum bum è un suono onomatopeico che racconta un malessere intimo, che tuttavia riguarda tanta gente: Samuel, con l’aiuto del rapper Ensi, parla di quando “le idee pesano troppo” e si resta al buio nonostante sia giorno, nonostante la vita vada avanti.
In Nemmeno la luce torna il tema del presente, un presente incerto e senz’altro imprevisto, con cui non è facile fare i conti (“E poi domani faremo di meglio, ci rialzeremo e senza fretta sarà tutto migliore / Ma migliore di chi? E migliore di cosa?“).
Quanto è difficile abbandonare un’abitudine e diventare la versione migliore di se stessi? Questo è il tema di Io e te, un brano che somiglia a una lunga lista di cattive abitudini da abbandonare: quello che resta è quello che conta, è l’essenziale (“Prendo solo quello che resta tra le cose che vorrei /Prendo solo quello che basta e quello che basta siamo noi“). Felicità, in duetto con Fulminacci, rivela una verità elementare ma complessa: il dolore è quanto di più vicino ci sia alla felicità, ne è la corazza, l’involucro. La felicità è dentro, è un rischio da correre, una scelta da fare. È un viaggio, è nel viaggio.
Malinconia e tenerezza sono i temi di Quella notte, che è uno sguardo al passato, a un momento preciso e nitido, nonostante il tempo trascorso (“Sono sceso da quel treno in un clima perfetto / Ti troverò distesa nel tuo letto e sono ancora qui per te“). Ancora passato, ma stavolta senza nostalgia: Dimenticheremo tutto è un brano fatto di immagini serrate (“Quella sera eri tu a scandire il tempo con la tua sicurezza e una visione più grande / Mentre io scivolavo giù nell’immagine residua di me“).
Non più un amore finito, nemmeno un sentimento agli albori, Vorrei racconta un amore consapevole, che allarga le braccia per parare i colpi cattivi della vita (“Vorrei, vorrei proteggerti dal buio della notte, da quelle imperfezioni che governano la terra, dagli esseri umani“). Con l’aiuto di Johnny Marsiglia e Roy Paci, nel brano Palermo Samuel racconta una città a cui è profondamente legato: le immagini che descrive sono nitide, intense, sembrano proiettarsi davanti agli occhi dell’ascoltatore. Palermo è un brano che si vede.
In Veramente, Samuel propone il suo sguardo più lucido e critico per denunciare l’incapacità di rispettare la terra in cui viviamo: al bando l’ipocrisia, Samuel incalza il suo interlocutore e gli chiede se è questo il mondo che vuole, un mondo fatto di contraddizioni, sbagli (in)consapevoli e superficialità.
Chi da domani ti avrà chiude Brigata Bianca e lo fa con un testo che parla di abbandono: per congedarsi, dunque, Samuel sceglie la malinconia, una malinconia sofferta, invadente e totalizzante (“Il tempo che non mi è bastato per dirti quanto è fortunato chi da domani ti avrà“).
Samuel: Brigata Bianca sa di vita
Il presente si riconcilia col passato e incontra il futuro, l’allegria fa un compromesso con il dolore e lascia passare la malinconia, la coralità non mette in ombra l’intimità ma la esalta: Brigata Bianca non è un album innocuo, non concede sensazioni tiepide, non si consuma al primo ascolto. Samuel ha realizzato un lavoro d’impatto ma fatto a strati; immediato ma duraturo, leggero ma con un peso specifico.
Brigata Bianca sa di vita, ogni nota rimanda a un incontro, a un’esperienza, a un aneddoto; ogni evento raccontato ha un sapore preciso, ogni parola ha il posto che le spetta. È una festa, come dicevo in apertura, in cui è possibile emozionarsi e ballare, commuoversi e ridere di gusto. Una festa che inizia al tramonto e dura fino all’alba successiva. Un po’ come la vita, che attraversa più stagioni e ci mette di fronte a una consapevolezza necessaria: “a volte è un rischio, una paternità, perché è soltanto un nodo che tu devi sciogliere”.
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