Witold Pilecki è il coraggioso ufficiale polacco che si fece arrestare ed entro ad Auschwitz con l'obiettivo di documentare quanto accadeva
Immaginate l’orrore che vivevano i prigionieri di Auschwitz e immaginate ora un ufficiale che, volontariamente, decide di farsi rinchiudere proprio lì, nel più tristemente noto campo di concentramento dell’epoca nazista, con uno scopo ben preciso. La sua storia merita di essere raccontata.
Parliamo di Witold Pilecki, sottotenente dell’esercito polacco, nato nel 1901 ad Olonet, in Carelia, al confine con la Finlandia, che nel 1940 si rese protagonista di una missione molto importante: quella di raccogliere preziose informazioni all’interno di Auschwitz da trasmettere poi agli alleati.
Una missione ovviamente delicatissima che metteva a rischio la sua stessa vita. Riuscì effettivamente ad infiltrarsi nel campo di concentramento, dopo che il 19 settembre 1940 fu arrestato dalla Gestapo durante un rastrellamento a Zoliborz, frazione a nord di Varsavia. Ovviamente era sotto falso nome e dichiarò di chiamarsi Tomasz Serafinski.
L’obiettivo della sua missione era non solo quello di trasmettere informazioni all’esterno ma anche di sollevare il morale dei prigionieri e creare una vera e propria rete clandestina di resistenza che avrebbe potuto organizzare una rivolta armata interna, favorita poi da aiuti esterni.
Purtroppo la rivolta non gli riuscì ma, in compenso, diverse informazioni trapelarono al di fuori del campo grazie al suo prezioso sacrificio. Il coraggioso ufficiale Pilecki stilò ben 3 rapporti che riportavano per filo e per segno le crudeltà e i trattamenti disumani che si verificavano quotidianamente nel campo.
Il primo rapporto riuscì ad arrivare all’esterno grazie ad un detenuto liberato e il 18 marzo 1941 finì sui tavoli dell’Ufficio VI dello Stato maggiore dell’esercito polacco in esilio e fu subito inoltrato agli alleati che però lo giudicarono “esagerato”.
Altre importanti informazioni trapelarono il 20 giugno 1942 quando quattro prigionieri travestiti da soldati tedeschi, come ha raccontato uno di loro, Kazimierz Piechowski, nelle sue memorie, riuscirono a fuggire dal campo.
Vi fu poi il Raport W che fu consegnato da Pilecki stesso ai suoi compagni. L’ufficiale infatti, tra il 26 e il 27 aprile del 1943, riuscì a fuggire e trovò rifugio in una base di partigiani. Qui stese il suo rapporto a cui seguì, qualche mese, dopo una versione più dettagliata che fu utile a redigere il rapporto più completo stilato nel 1945. Questo fu scritto mentre Pilecki prestava servizio presso il Secondo Corpo d’Armata polacco che partecipò alla liberazione dell’Italia.
In tutti i suoi rapporti si faceva riferimento al lavoro forzato, alla fame, alle sadiche punizioni che subivano i prigionieri, alla persecuzione degli ebrei. E scrisse:
“Nulla è stato esagerato: anche la minima bugia profanerebbe la memoria di quelle degne persone che persero la vita laggiù”
Pensate che l’attività di Pilecki non fu mai scoperta ma, nonostante questo, la sua fine fu drammatica.
Antinazista ma anche anticomunista, venne processato in Polonia (che era sottoposta a un violento processo di sovietizzazione). Fu imprigionato a Varsavia, condannato a morte e ucciso il 25 maggio 1948.
La sua storia rimase pressoché sconosciuta in Polonia prima della caduta del regime comunista nel 1989.
Jack Fairweather nel 2019 ha scritto la sua biografia racchiusa nel libro: “Volontario ad Auschwitz“.
Fonte: Sky History
Leggi anche: