I residui di posidonia, le cosiddette Palle di Nettuno, possono catturare e rimuovere la plastica dal mare
I residui fibrosi prodotti dalla posidonia oceanica possono catturare e rimuovere milioni di particelle di plastica dal mare. Ancora una volta la Natura cerca di porre rimedio ai danni dell’uomo. Un nuovo studio condotto dall’Università di Barcellona ha scoperto che i cosiddetti Egagropili fungono da veri e propri spazzini.
Secondo gli scienziati, il cui studio è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports, essi hanno un importante ruolo ecologico nell’ambiente marino perché sono in grado di rimuovere le materie plastiche presenti in mare.
La ricerca descrive per la prima volta il ruolo eccezionale della Posidonia come filtro e trappola per la plastica nelle zone costiere, ed è pioniere nella descrizione di un meccanismo naturale per prelevare e rimuovere questi materiali dal mare. Il merito è delle cosiddette “Palle di Nettuno”, delle vere e proprie sfere la cui forma ricorda una palla da rugby, che si formano dalla base delle foglie sminuzzate della Posidonia dall’azione delle correnti oceaniche ma rimangono attaccate agli steli, chiamati rizomi. Man mano che vengono lentamente sepolte dalla sedimentazione, le guaine fogliari danneggiate formano fibre rigide che si intrecciano formando una palla, capace di raccogliere la plastica durante questo processo. Proprio questa palla raccoglie in se i nostri rifiuti, portandoli poi sulle spiagge.
Tutto merito dell’Egagropilo
Noto come egagropilo o egagropila, la palla di Nettuno (o palla di mare o polpetta di mare) è costituita dai residui fibrosi di piante dei generi Posidonia e Zostera che si accumulano sui litorali, spinti dalle onde. Esse si formano dallo sfilacciamento dei residui fogliari fibrosi che circondano il rizoma della pianta, poi si aggregano formando una sfera.
“Questa fanerogama marina ha una struttura vegetativa costituita da un fusto modificato a forma di rizoma dal quale compaiono le radici e le foglie. Quando le foglie cadono, le sue basi (baccelli) vengono aggiunte ai rizomi e danno loro un aspetto simile a una piuma. Come risultato dell’erosione meccanica nell’ambiente marino, quei baccelli sotto i fondali marini stanno progressivamente rilasciando fibre lignocellulosiche che vengono lentamente aggiunte e intrecciate fino a formare agglomerati a forma di palla, noti come aegagropilae. Esse vengono espulse dalle praterie durante i periodi di onde forti e una buona parte finisce nelle spiagge “, spiega il professor Javier Romero, del Dipartimento di Biologia Evoluzionistica, Ecologia e Scienze Ambientali e dell’Istituto di ricerca sulla biodiversità dell’Università di Barcellona.
Gli autori dello studio, guidati da Anna Sànchez-Vidal, del gruppo di ricerca sulle geoscienze marine della Facoltà di Scienze della Terra dell’Università di Barcellona, hanno stimato che solo nel Mediterraeno sono capaci di raccogliere quasi 900 milioni di oggetti di plastica.
La Posidonia oceanica costituisce fitte praterie che costituiscono un habitat di grande valore ecologico fornendo cibo, riparo e tane adatte alla riproduzione degli animali marino. Nell’ambito dello studio, il team ha analizzato l’intrappolamento e l’estrazione di plastica nelle grandi fanerogame marine della Posidonia sulle coste di Maiorca.
“Tutto fa pensare che le plastiche siano intrappolate nelle praterie di Posidonia. Qui, le plastiche sono incorporate in agglomerati di fibra naturale a forma di palla -aegagropila o palline di Posidonia Nettuno- che vengono espulsi dall’ambiente marino durante le tempeste”, osserva Anna Sànchez -Vidal.
Questa pulizia di fatto è una continua eliminazione dei detriti di plastica dal mare. Lo studio si aggiunge alla lunga lista di servizi forniti da tali piante, le fanerogame a favore degli ecosistemi oceanici e degli esseri umani che vivono sulla costa. Esse svolgono un ruolo fondamentale nel migliorare la qualità dell’acqua, assorbono CO2 ed emettono ossigeno e sono un vivaio naturale e rifugio per centinaia di specie di pesci.
Nel 2018 e nel 2019, gli autori dello studio hanno contato il numero di particelle di plastica trovate nelle palle marine che si erano riversate su quattro spiagge di Maiorca, in Spagna, che vanta grandi praterie di fanerogame al largo. Hanno così constatato la presenza di quasi 1.500 pezzi di plastica per chilogrammo in queste sfere.
Anche se non esistono ancora studi che quantificano la quantità di fibre di posidonia espulse dall’ambiente marino, si stima che vengano prelevate circa 1.470 detriti di plastica per chilogrammo di fibra vegetale, quantità significativamente superiori a quelle catturate attraverso foglie o sabbia.
“Non possiamo conoscere completamente l’entità di questa esportazione di plastica verso la terra. Tuttavia, le prime stime rivelano che le palline di Posidonia potrebbero raccogliere fino a 867 milioni di plastica all’anno” ha detto Anna Sànchez-Vidal.
Di che plastica si trattava? Soprattutto PET. Secondo le analisi le microplastiche intrappolate nelle praterie della Posidonia oceanica sono principalmente filamenti, fibre e frammenti di polimeri più densi dell’acqua di mare come il polietilentereftalato (PET).
Un motivo in più per proteggere queste praterie, così importanti e vulnerabili.
Fonti di riferimento: Eurekalert, Scientific Reports
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