I prezzi delle pellicce di visone volano alle stelle e mettono a rischio volpi e cincillà

Finalmente diremo addio alle pellicce? Sarebbe bello ma purtroppo non sarà così. La fine dell'era dei visoni potrebbe abbattersi sulle volpi

In tutto il mondo gli allevamenti di visoni destinati alle pellicce stanno chiudendo, provvisoriamente o per sempre. Accade anche che molti animali, come in Danimarca, vengano abbattuti per i timori legati al Covid-19. Finalmente diremo addio alle pellicce? Sarebbe bello ma purtroppo non sarà così. E la fine dell’era dei visoni potrebbe abbattersi sulle volpi.

Secondo un nuovo reportage pubblicato da Reuters, i prezzi in rialzo delle pellicce stanno mettendo la volpe al centro dell’attenzione. C’è un business che durante la pandemia non si è fermato nonostante la crisi: quello delle pellicce. Ma timori di un’improvvisa carenza di pellicce di visone, di cui la Danimarca era il primo esportatore, hanno portato a un aumento dei prezzi fino al 30% in Asia, secondo l’International Fur Federation (IFF).

Si teme dunque che in mancanza di visoni, le grandi case di moda come Louis Vuitton, Dior e Fendi possano ripiegare su volpi e cincillà per colmare il vuoto e produrre i loro capi.

Il commercio mondiale di pellicce, del valore di oltre 22 miliardi di dollari all’anno, sta vacillando dopo la recente decisione della Danimarca di uccidere 17 milioni di visoni. Negli allevamenti infatti è stato scoperto di un nuovo ceppo mutato di coronavirus che avrebbe potuto rendere inefficaci i vaccini.

Ora, tutti gli occhi sono puntati sulla Finlandia, dove saranno presto messi in palio un milione di visoni e 250.000 pelli di volpe per gli acquirenti di Corea, Cina, Stati Uniti. La casa d’aste Saga Furs prevede di organizzare una vendita internazionale, la prima dall’abbattimento danese, tramite live streaming.

Il programma di vendita offre pellicce di visone dall’Europa e dal Nord America, come il visone “Pearl Velvet” e “Silverblue Velvet”, oltre a “Silver Fox”, “White Finnraccoon” e zibellino russo. Saga Furs, che lo scorso anno ha rilevato la sua rivale nordamericana NAFA, prevede di vendere tutte le pelli, rispetto a un assorbimento del 55% avvenuto nel 2020 a causa della crisi del coronavirus.

“Il mercato si rafforzerà, un aumento dei prezzi aiuterà la nostra attività in generale”, ha detto Magnus Ljung, CEO di Saga Furs, che ha visto anni di calo dei prezzi. “Abbiamo già ricevuto più richieste per le volpi, se le persone vedono che manca il visone potrebbero prendere in considerazione l’utilizzo di qualcos’altro”, ha detto Ljung a Reuters.

La responsabile della sostenibilità di LVMH, Helene Valade, ha dichiarato questa settimana che il suo gruppo ottiene pellicce dalla Finlandia. Il proprietario di Louis Vuitton, Dior e Fendi, che si affida a broker per fare offerte, afferma che utilizza solo visoni, volpi e nitterenuti certificati al 100%.

La crisi delle pellicce di visone

La domanda di pellicce è in calo dagli anni ’50, ad eccezione di un aumento tra il 2000 e il 2013 quando tornarno a essere popolari sulle passerelle di moda. Seguì anche una maggiore richiesta della Cina per le pelli di lusso. Solo per dare un’idea, negli ultimi anni una tipica pelle di visone è stata venduta all’asta per oltre $ 90 nel 2013, mentre l’anno scorso le pelli sono state vendute a circa $ 30. Sono calati non solo i prezzi ma anche le richieste: nel 2014 ne sono state vendute 80 milioni, nel 2019 60 milioni.

Ma nel 2020 certamente ci sarà un nuovo calo anche alla luce del terribile sterminio di visoni avvenuto in Danimarca. Una cooperativa danese di proprietà di allevatori che lo scorso anno ha venduto 25 milioni di pelli di visone, ovvero il 40% del totale globale, sta valutando la possibilità di vendere il proprio marchio e altre attività dopo aver annunciato che avrebbe gradualmente chiuso le attività nei prossimi 2-3 anni.

Jesper Lauge Christensen, CEO di Kopenhagen Fur, ha dichiarato a Reuters di aver ricevuto manifestazioni di interesse da parte dei clienti cinesi per rilevare il marchio della casa d’aste, che potrebbe essere valutato fino a 1 miliardo di corone danesi ($ 163 milioni). Come ha rivelato un’altra inchiesta, è la Cina ad approfittare della situazione diventando così il primo produttore di pellicce di visone al mondo, continuando ad allevare gli animali nonostante i rischi per la salute.

La speranza delle associazioni animaliste è che la debacle danese, che ha avuto ripercussioni politiche nel paese, possa mettere fine all’industria e la domanda possa calare e poi azzerarsi. I paesi che hanno già vietato allevamenti di animali da pelliccia o prodotti affini includono Gran Bretagna, Austria, Paesi Bassi, Francia, Norvegia, Israele e California.

Secondo PJ Smith, direttore delle politiche della moda presso Humane Society International, i marchi che usano ancora pellicce reali le abbandoneranno presto, dopo Gucci, Prada, Armani e altri.

Volpi e cincillà, le nuove vittime

Se i visoni costano troppo perché sono sempre meno, altri animali, già in uso seppur in misura minore, potrebbero prendere il loro posto. Sono le volpi e in cincillà. La Cina, seguita dalla Russia, è il maggior acquirente di pellicce danesi poiché i suoi visoni sono considerati di qualità inferiore rispetto a quelli allevati in Europa, dove gli standard di allevamento sono generalmente più elevati.

“Non sceglieremmo pellicce di fabbricazione cinese per via della loro scarsa qualità”, ha detto a Reuters Zhang Changping, proprietario della cinese Fangtai Fur, aggiungendo che aveva già acquistato abbastanza pellicce almeno per la prima metà del 2021.

Niccolò Ricci, amministratore delegato del marchio di stilisti di lusso italiano Stefano Ricci che ha molti clienti in Russia e nell’Europa orientale, sostiene che i prezzi dei visoni aumenteranno fino al 50%, ma che le etichette di fascia alta come la sua continueranno a cercare pelli di alta qualità principalmente da fornitori statunitensi.

“La vera carenza potrebbe venire dal 2022, ma per allora speriamo che gli allevatori di visoni in Canada, Polonia, America e Grecia aumenteranno la produzione per sostituire quella danese”, ha detto il capo IFF Mark Oaten. Anche Russia e Cina dovrebbero aumentare la produzione. “Le persone guarderanno anche altri tipi di pelliccia. La volpe è stata molto popolare per le rifiniture, ad esempio nei parka, così come il cincillà”, ha aggiunto Oaten.

No, purtroppo il mercato delle pellicce non si fermerà. Il coronavirus non è riuscito a insegnarci che gli allevamenti intensivi sono eticamente sbagliati oltre a essere un rischio per la nostra salute.

Fonti di riferimento: Reuters

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