Solo gli addetti ai lavori potevano accorgersi del tentativo di far approvare per legge una tecnica di ricombinazione genetica (NBT)
Dietro una serie di tecnicismi, si sta nascondendo una grande minaccia per gran parte dell’agricoltura italiana. Solo gli addetti ai lavori potevano accorgersi del tentativo di far approvare per legge una tecnica di ricombinazione genetica (NBT) che la Corte di Giustizia UE equipara ai tradizionali ogm.
La denuncia viene da Cambia la Terra, con in testa FederBio, e punta i riflettori sugli ultimi decreti legislativi ora in discussione alle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato. Le parti incriminate sono contenute in decreti legislativi molto tecnici su materiali di moltiplicazione della vite e sugli innesti di piante ortive e da frutto in cui si normano i modi per produrre e commercializzare le varietà ottenute con la tecnica di ricombinazione genetica (NBT) che la Corte di Giustizia UE equipara ai tradizionali OGM.
“Mentre il Parlamento non dà il via libera alla legge sul biologico, in esame approvata alla Camera a larghissima maggioranza da ben due anni perché non rientra nelle urgenze legate alla crisi sanitaria, si trova il tempo e la volontà di discutere di una decisione che contrasta con il quadro giuridico complessivo”, dice Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, a nome del progetto partenariato di Cambia la Terra. “Si tratta di un passaggio totalmente privo di trasparenza. Il Parlamento e il Governo vogliono discutere della possibilità o meno di far ricorso a tecniche di ricombinazione genetica? Lo facciano apertamente, mettendo le carte in tavola e lasciando alle forze politiche, alle Regioni e ai cittadini la possibilità di essere informati e di discuterne con modalità e tempi adeguati”.
FederBio, Isde, Legambiente, Lipu e WWF sollevano la questione prioritaria che con norme specifiche si consente e si supera quindi quanto previsto dal quadro giuridico generale che, per il nostro Paese, vieta su tutto il territorio nazionale la coltivazione di piante geneticamente modificate nonché la sperimentazione in campo aperto.
In Italia, come in altri 20 Paesi europei, la coltivazione di ogm non è consentita. E quindi non esiste neanche una normativa sulla coesistenza tra piante geneticamente modificate e produzioni agricole presenti sul territorio nazionale, in particolare produzioni biologiche per le quali, in base allo specifico regolamento comunitario, è vietata la presenza di ogm. I decreti in discussione alla Commissioni Agricoltura, con un colpo di mano, darebbero il via libera di fatto alla presenza di materiale geneticamente modificato in tutti i campi italiani. Proprio mentre le scelte dei consumatori e anche la bilancia dei pagamenti agricoli pende decisamente dalla parte delle scelte biologiche e dell’agroecologia.
“È un colpo di mano quello che si sta tentando, un colpo di mano pericoloso per gran parte del sistema agricolo. Il made in Italy è fondato su presupposti di alta qualità, e oggi l’Europa tutta sta puntando su un modello che vede al primo posto la cura dell’ambiente”, aggiunge Mammuccini. “Ma in ogni caso, la cosa che appare più grave è la totale mancanza di trasparenza su una decisione di questo genere, strategica per il futuro del nostro settore agroalimentare. Chiediamo quindi di eliminare dagli atti in discussione tutti gli aspetti normativi relativi all’iscrizione di varietà geneticamente modificate nei Registri delle varietà”.
Fonte: Cambia la Terra