Giornata mondiale del suolo, in Italia un quarto del territorio versa in stato di degrado

Si celebra oggi la Giornata Mondiale del Suolo: in un quarto dell’intero territorio nazionale gli indicatori indicano una tendenza negativa

Si celebra oggi 5 dicembre il World Soil Day, la Giornata Mondiale del Suolo, lanciata come ogni anno dal Global Soil Partnership, un’alleanza tra stati, istituzioni e Ong, promossa dalla Fao, l’agenzia agroalimentare dell’Onu. Un motivo in più per richiamare l’attenzione sull’importanza di un suolo sano e promuovere la gestione sostenibile delle risorse del terreno.

Quest’anno il tema è “Manteniamo il suolo vivo, proteggiamo la biodiversità del suolo”, un tema caro nel mondo come in Italia, dove il degrado del territorio è in netto peggioramento.

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“I suoli sono indispensabili per la vita sulla Terra quindi proteggerli è fondamentale – afferma la Fao. Solo la biodiversità del suolo può dare una soluzione naturale a molti dei problemi che l’umanità deve affrontare” ma “anche per mettere in luce le iniziative che mirano a preservare e proteggere questo bene”.

giornata suolo

©FAO

Il degrado del suolo, la situazione in Italia

In Italia dopo il boom economico, il consumo del suolo da un valore iniziale pari al 2,7% ha subìto una tendenza al generale incremento arrivando al 6,9% nel 2008. Per pochi anni è stato registrato un significativo rallentamento fino al 2013, ma poi, anche se con ritmi meno accentuati, il consumo è ripreso – afferma Filippo Cappotto, Vice Presidente del Consiglio dei Geologi. Nel 2019, secondo i dati del rapporto annuale ISPRA 2020, il consumo di suolo ha raggiunto il 7,1%. Si è passati da 8.100 chilometri quadrati degli anni ‘50 a 21.400 chilometri quadrati nel 2019 sul territorio totale italiano. Attualmente, quindi, ogni giorno il suolo artificiale impermeabilizzato aumenta di 2 mq al secondo”.

Dai rilevamenti effettuati da ISPRA a partire dal 2012, in un quarto dell’intero territorio nazionale gli indicatori indicano una tendenza negativa, con situazioni più critiche in alcune regioni che sono anche quelle che, negli ultimi anni, hanno conosciuto processi più intensi di crescita urbana. Ciò a conferma  che dal consumo di suolo si arriva inevitabilmente a fenomeni che poi irradiano, ad esempio a partire dai grandi assi infrastrutturali che generano nuove pressioni, attraendo nuovi capannoni e strutture logistiche, bretelle stradali che portano a connesse frammentazioni di territorio ed habitat, incendi che devastano la vegetazione ma anche il suolo sottostante, divenendo generalmente causa di erosione e dissesto idrogeologico, oltre che di perdita di fertilità.

Dati in negativo riguardano anche e soprattutto territori in cui l’agricoltura è condotta in modo eccessivamente aggressivo: abuso di fertilizzanti e sostanze chimiche, lavorazioni profonde e troppo ripetute, suoli lasciati scoperti per lunghi periodi, erronee pratiche di irrigazione che distruggono l’humus, la sostanza organica del suolo, e così ne compromettono progressivamente la fertilità.

Al sud è la Sicilia, seguita dalla Puglia e dalla Campania, la regione che riporta indicatori maggiormente negativi per quanto riguarda il peggioramento dello stato di salute dei suoli. Si tratta di una delle regioni tenute sotto particolare osservazione per il rischio di desertificazione.

Piane costiere e aree interne della Sicilia, penisola salentina e l’area costiera campana tra Napoli e la Piana del Sele sono le aree in cui le criticità a carico del suolo sono più rilevanti, con grandi rischi di impatto economico a carico delle colture, spesso pregiate, che su questi suoli sono impostate.

Al Nord invece i dati peggiori riguardano il Veneto, che sconta gli effetti dell’onda lunga del consumo di suolo dovuto a crescita di infrastrutture e insediamenti, ma il dato negativo riguarda in generale la Pianura Padana, accentuandosi, senza soluzione di continuità, lungo la fascia pedemontana tra Veneto e Piemonte, dalla Marca Trevigiana al Biellese, ma con quadri preoccupanti che risalgono anche i fondivalle alpini di Adige, Isarco, Piave e Brenta.

degrado italia

©ISPRA

In Italia centrale il fenomeno appare complessivamente meno pervasivo, ma gli indicatori di degrado sono preoccupanti, oltre che per l’area centro-laziale, anche per le fasce costiere e i contrafforti appenninici di Marche e Abruzzo.

Fonti: FAO / ISPRA

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