L’Italia inquinata è anche quella più povera, perché, anche dove il PIL sembra confortante, sono più evidenti le marginalità sociali
L’Italia devastata da sfruttamento del suolo, inquinamento e disastri ambientali è anche quella più povera, perché, anche dove il PIL sembra confortante, sono più evidenti le marginalità sociali. É quello che emerge da uno studio di Caritas e Legambiente che avvertono: sono l’ecologia integrale ci può salvare.
Inquinamento e povertà: un legame indissolubile, che potrebbe risultare anche in una grande opportunità di salvezza, se si investe davvero sull’ecologia integrale, ovvero su azioni che non mirano solo a ridurre le emissioni o il consumo di plastica.
Da sole queste azioni, pur lodevoli, non bastano. È necessario un ripensamento complessivo dell’economia e della società. E il Covid-19 lo ha dimostrato: anche dove il PIL ha sempre trainato la nostra economia il sistema sociale ha avuto uno scossone, evidenziandone tristemente la fragilità.
Nel rapporto ‘Territori Civili. Indicatori, mappe e buone pratiche verso l’ecologia integrale’, Legambiente e Caritas dimostrano proprio le forti connessioni tra dimensione ambientale, economica e sociale.
Il lavoro è stato condotto tramite 70 indicatori, basati sui principali dati statistici disponibili ma anche sulle attività di ricerca svolte in precedenza da Caritas italiana e da Legambiente, con i suoi rapporti, come quello sull’ecomafia. Il documento evidenzia anche la virtuosità di 12 Comuni dove sono in corso 36 nuove progettualità in cui i valori sociali e ambientali s’intrecciano, generando nuova economia, circolare e civile.
“Un elemento comune delle esperienze contenute nella ricerca – spiega don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana – è certamente l’attenzione alle problematiche in una visuale unica. C’è infatti bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché- – come sottolinea papa Francesco nella Laudato si’ – la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti”.
Alcuni risultati dell’indagine non stupiscono: il Mezzogiorno appare infatti fortemente penalizzato quanto a fenomeni di degrado e fragilità da superare, nonostante possa contare su significative risorse soprattutto di carattere ambientale (che comunque necessitano di maggiore sostegno). Molte regioni del Sud mostrano grave deficit complessivo, proprio a causa delle rilevanti fragilità sociali che incidono in modo pesantemente significativo sulla qualità della vita della popolazione residente.
Ma non mancano (apparenti) sorprese: Emilia Romagna, Liguria e Lombardia sono infatti rispettivamente all’ottavo, nono e decimo nella classifica relativa alle criticità, sommando quelle sociali e ambientali, nonostante il loro PIL risulti trainante sul PIL nazionale.
“Dal racconto di tali esperienze emerge forte proprio la necessità di far convivere negli stessi tavoli di lavoro e di coordinamento attori e idee un tempo lontani – continua su questo Soddu – coinvolgendo in modo sempre più massiccio la comunità locale, a diversi livelli: associazioni, comitati di quartiere, chiese locali, singoli cittadini, uniti nello sforzo di rendere la nostra casa comune più accogliente e abitabile per tutti”.
Ma non solo disastri: il lavoro ha analizzato, anche con interviste sul campo, l’esperienza di Cagliari, Campi Bisenzio (Firenze), Lecco, Lucca, Marcianise (Caserta), Padova, Palermo, Pontecagnano (Salerno), Reggio Calabria, Taranto, Terni. 12 comuni dove sono stati messi a fuoco punti di forza e di debolezza socio-ambientali ma soprattutto evidenziati progetti attivi, o in via di definizione (36 esperienze in tutto) che puntano a innovazione sociale e ambientale.
“Il titolo di questo lavoro, Territori Civili – spiega Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – evoca già una direzione possibile verso cui orientare il cambiamento che molti auspicano: un nuovo modello di società e di economia, finalmente civile perché capace di generare benefici ambientali e sociali, invece di distruggere risorse naturali, moltiplicando povertà e disuguaglianze. Come dimostrano i risultati del lavoro di ricerca svolto nei 12 territori in cui è stata approfondita l’analisi, da Torino a Palermo, di questi ‘territori civili’ esistono già esempi concreti, frutto di progetti, attività, iniziative in cui la separatezza tra le risposte ai bisogni sociali e alle criticità ambientali viene superata”.
36 casi studio che potrebbero cambiare il mondo? Iniziamo a replicarli: la via è quella giusta.
Fonti di riferimento: Legambiente
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