No, non è vero che metà delle spiagge del mondo potrebbero sparire entro la fine del secolo. Lo rivela un nuovo studio pubblicato su Nature
No, non è vero che metà delle spiagge del mondo potrebbero sparire entro la fine del secolo. Lo dice un nuovo studio internazionale, che smentirebbe così le conclusioni a cui era giunta un’altra ricerca pubblicata a marzo su Nature Climate Change. Ma a rischio rimarrebbero comunque quelle a ridosso di strutture artificiali e abitazioni.
Il team di ricerca che comprende ricercatori provenienti da Regno Unito, Francia, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti ha riesaminato i dati e la metodologia del precedente studio e sono in forte disaccordo con le conclusione cui erano giunti i colleghi.
Così, nei giorni scorsi hanno pubblicato una confutazione all’articolo nella stessa rivista e hanno concluso che con i dati globali e i metodi numerici disponibili oggi è impossibile fare previsioni di così ampia portata.
Tuttavia, secondo la nuova ricerca, c’è la possibilità che le spiagge “migrino” verso terra quando il livello del mare aumenterà e le coste si ritireranno. A loro avviso, dunque, lo studio precedente non aveva tenuto conto del fatto che in risposta all’innalzamento del livello del mare, le spiagge potrebbero migrare verso l’entroterra. Se le spiagge avranno spazio in cui spostarsi sotto l’influenza dell’innalzamento del livello del mare manterranno la loro forma e le dimensioni ma in una posizione più interna:
“Le spiagge sostenute da pianure costiere basse, lagune poco profonde, saline e dune migreranno verso terra a causa dell’innalzamento del livello del mare. In questi casi, la battigia si ritirerà, ma è probabile che le spiagge rimarranno, anche se un po’ rialzate in elevazione e situate verso terra, e di certo non si “estingueranno”” spiegano gli autori.
Ciò vale però solo per quelle che non hanno subito una forte urbanizzazione retro-costiera. Diversa è la situazione delle spiagge sostenute da dure scogliere costiere e da strutture ingegneristiche, come le dighe, che probabilmente scompariranno in futuro a causa dell’innalzamento del livello del mare poiché non sono in grado di migrare verso l’interno.
Per prima cosa sperimenteranno la “compressione costiera” con conseguente diminuzione della larghezza e alla fine finiranno sott’acqua.
Quali e quante spiagge subiranno questa sorte?
Anche sotto questo aspetto, secondo il nuovo studio, bisogna andarci cauti visto che attualmente
“non ci sono informazioni disponibili a livello globale sul numero di spiagge che rientrano in entrambe le categorie e, in quanto tale, è impossibile quantificare quale percentuale delle spiagge del mondo scomparirà tra oggi e il 2100”.
Andrew Cooper, professore di studi costieri dell’Ulster University e autore principale del nuovo articolo, ha spiegato:
“Sono necessari nuovi metodi per prevedere gli impatti dell’innalzamento del livello del mare sulla costa. Ciò richiederà migliori set di dati della morfologia costiera e una migliore comprensione dei meccanismi di risposta del litorale in determinate impostazioni. Con l’innalzamento del livello del mare, il ritiro del litorale deve e accadrà, ma le spiagge sopravvivranno. La più grande minaccia alla loro esistenza sono le strutture di difesa costiera che limitano la loro capacità di migrare”.
Ciò non significa che non ci saranno conseguenze e lo studio non ha minimizzato gli effetti dell’innalzamento dei mari, ormai ritenuti pericolosi da tutta la comunità scientifica, ma ha spiegato in che modo la Natura, in alcuni casi, risponderà e si adatterà:
“Il livello del mare è attualmente in aumento e continuerà a salire a un ritmo crescente per molti anni a venire. Ciò porterà a una maggiore erosione costiera ed è fondamentale anticipare la futura perdita di terra e tenerne conto nella gestione e pianificazione delle zone costiere per evitare di mettere in pericolo un maggior numero di edifici e infrastrutture” proseguono gli scienziati.
Le strutture costiere come le dighe impediscono alle spiagge di adattarsi naturalmente all’innalzamento del livello del mare migrando verso terra e in quei contesti, la loro rimozione (riallineamento gestito) o le soluzioni basate sulla natura (ripascimento delle spiagge) possono essere gli unici metodi per salvaguardare il futuro di queste spiagge.
Se le spiagge resisteranno, almeno alcune, non sarò lo stesso per le abitazioni costiere. Gli scienziati australiani infatti hanno portato come esempio il Nuovo Galles de Sud, in cui sono state mappate le zone a rischio nel 2020, 2050 e 2100. Si tratta di zone densamente abitate e a ridosso delle coste. Così sarà probabilmente anche in Italia, dove le coste sono sempre più divorate dal cemento.
Ancora una volta, è l’uomo con la sua mano a complicare la vita alla Natura, e anche la propria.
Fonti di riferimento: Plymouth University, Università di Sydney, Nature
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