Anche in Italia ci sono focolai di coronavirus negli allevamenti di visoni destinati a diventare pellicce. A denunciarlo è la Lav
Anche in Italia ci sono focolai di coronavirus negli allevamenti di visoni destinati a diventare pellicce, ma tutto questo è passato quasi sotto silenzio. A denunciarlo è la Lav che chiosa: ‘i cittadini hanno il diritto di conoscere questi rischi’.
“Dalle informazioni acquisite presumiamo che l’allevamento focolaio sia localizzato in Lombardia, dove sono presenti 2 strutture in provincia di Cremona e 1 in provincia di Brescia per un totale di quasi 40mila visoni. Ma esattamente in quale provincia e in quale comune? In ogni caso, il dato oggettivo, è che è confermata la presenza del coronavirus SARS-CoV-2 anche tra i visoni allevati in Italia”, spiega la Lav.
Secondo l’organizzazione, nel mese di agosto sono stati prelevati dei campioni dai visoni di un unico allevamento e almeno due sono positivi al SARS-CoV-2. Un’informazione che la Lav ha ottenuto soltanto adesso dopo numerosi e insistenti appelli e istanze di accesso agli atti al ministero della Salute, al Comitato Tecnico Scientifico, alle Regioni e all’IZS (della Lombardia ed Emilia Romagna).
Gli esiti dei test molecolari non lasciano spazio all’immaginazione e rimandano a quello che potrebbe succedere se i focolai non venissero arginati per tempo. Probabilmente, una situazione simile a quella della Danimarca dove c’è stata una vera e propria strage di animali. Sono stati, infatti, abbattuti 2,5 milioni di visoni in 150 allevamenti.
“Grave e irresponsabile silenzio ed inerzia delle Autorità sanitarie per non avere dato notizia di visoni infetti da SARS-CoV-2 in allevamento e scoperti già ad agosto. Invece di avviare un rigoroso screening con test diagnostici in tutti gli allevamenti di visoni in Italia, anche dopo conclamati casi di positività, il Ministero della Salute (e le Regioni) hanno continuato a limitarsi all’osservazione clinica pur sapendo che i visoni, come le persone, possono essere asintomatici” dichiara Simone Pavesi, Responsabile LAV Area Moda Animal Free.
Stabilimenti intensivi che documentiamo da anni con animali accatastati, al buio, tra escrementi e topi e poi uccisi con il gas.
“Di fatto, questi allevamenti, oltre a causare gravi sofferenze agli animali, sono anche dei serbatoi del coronavirus. Non avere condotto accertamenti specifici su tutti gli allevamenti di visoni in Italia ha esposto, ed espone tuttora, la salute pubblica ad un oggettivo rischio”, conclude Pavesi.
Nonostante la situazione gravissima, come dicevamo, ad oggi non sono stati eseguiti screening, ma solo indagini epidemiologiche basate sulla mera osservazione clinica degli animali e per la quale resta totale discrezione del veterinario pubblico (ASL/ATS) o del veterinario aziendale (se presente) decidere se o meno conferire all’IZS di competenza campioni per test diagnostici.
Questo in un contesto internazionale assolutamente preoccupante con crescente diffusione del coronavirus tra i visoni (ad oggi in Olanda sono stati intercettati 67 allevamenti focolaio, in Danimarca 149 e anche in Spagna almeno 1 allevamento è risultato infetto così come anche in Svezia proprio questa settimana sono emersi” i primi visoni positivi). In Italia abbiamo circa 60.000 visoni negli 8 allevamenti attivi (3 in Lombardia nelle province di Brescia, Cremona; 2 in Veneto nelle province di Padova, Venezia; 2 in Emilia-Romagna nelle province di Forlì-Cesena, Ravenna; 1 in Abruzzo, in provincia de L’Aquila).
Attualmente sembra che in un solo allevamento di visoni in provincia di Cremona sono stati condotti alcuni test diagnostici per rilevare la presenza del virus SARS-CoV-2. Ma non è chiaro se questi test sono limitati ad animali che presentano sintomi, quindi escludendo la possibilità di intercettare tutti gli asintomatici, così come non è chiaro per quale ragione test diagnostici non vengono condotti in tutti gli allevamenti di visoni in Italia.
Rinnoviamo l’invito (con o senza pandemia) a firmare la petizione per dire STOP AGLI ALLEVAMENTI DI VISONI CLICCA QUI
Fonte: LAV
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