Vittoria storica in Zimbabwe: vietata l’estrazione mineraria in tutti i parchi nazionali

Il governo dello Zimbabwe ha revocato le licenze e vietato l'estrazione mineraria in tutti i parchi nazionali del paese

No all’estrazione mineraria in tutti i parchi nazionali dello Zimbabwe. Il governo del paese ne ha disposto il divieto a seguito delle polemiche divampate negli ultimi giorni, quando erano stati concessi i diritti minerari a due società cinesi all’interno di un’area faunistica.

Svolta storica nello Zimbabwe dove grazie anche alle pressioni delle associazioni ambientaliste, su decisione dell’Alta Corte il governo ha vietato l’estrazione mineraria all’interno di tutti i parchi naturali. Il cambio di passo arriva dopo che le autorità avevano dato le licenze a due società cinesi per la ricerca di carbone all’interno del Hwange national park, la più grande riserva del Paese, in cui vivono circa 86mila elefanti.

Una sfida giudiziaria da parte degli ambientalisti che sostenevano che l’estrazione mineraria nel Parco nazionale di Hwange stesse distruggendo l’habitat della fauna selvatica.

“L’estrazione mineraria nelle aree dai parchi nazionali è vietata con effetto immediato. Sono in corso misure per annullare immediatamente tutti i titoli minerari detenuti nei parchi nazionali”, ha detto martedì sera il ministro dell’Informazione Monica Mutsvangwa.

Il parco nazionale di Hwange è la più grande riserva naturale del paese situata a nord-ovest della capitale Harare. Ospita la maggior parte delle specie di “Big Five”, i cinque grandi animali della savana ossia elefante, leone, bufalo, rinoceronte e leopardo.

La vicenda è iniziata poche settimane fa quando il Bhejane Trust che lavora con le autorità per la fauna selvatica ha notato alcune attività minerarie nella riserva di caccia. I rappresentanti di due aziende cinesi, Afrochine Energy e Zimbabwe Zhongxin Coal Mining Group, sono stati arrestati ma immediatamente rilasciati con due licenze speciali rilasciate dal presidente. Licenze che solo il presidente può dare.

Da lì è partita una serrata protesta da parte delle associazioni animaliste e in particolare dalla Zimbabwe Environmental Law Association, finita anche in tribunale. L’associazione lunedì aveva presentato una richiesta urgente all’Alta corte di Harare, sostenendo che l’attività mineraria cinese all’interno del Parco nazionale di Hwange avrebbe potuto arrecare danni permanenti all’ecosistema. Il divieto è arrivato dopo settimane di campagne contraddistinte dall’hashtag #SaveHwangeNationalPark.

“L’autorizzazione e l’inizio dell’attività estrattiva in un parco nazionale protetto viola il dovere costituzionale di tutti gli intervistati di prevenire il degrado ecologico e promuovere la conservazione”, si legge nell’istanza del tribunale.

 

Al momento, le licenze sono state revocate e i parchi del paese, insieme ai loro abitanti, almeno per adesso saranno al riparo da ulteriori attacchi da parte di chi vuole lucrare a danno dell’ambiente.

Il parco nazionale di Hwange è un’area arida e le segnalazioni di elefanti che muoiono di fame a causa della siccità e del sovraffollamento sono in aumento. Proprio la scorsa settimana 22 elefanti sono morti per un’infezione batterica sconosciuta che i funzionari hanno attribuito a “sovraffollamento e scarsità di cibo”.

Questi animali infatti stanno soffrendo per la perdita di habitat non solo nel paese ma in gran parte dell’Africa.

Per questo il cambio di passo del governo dello Zimbabwe oggi riveste ancora più importanza.

Fonti di riferimento: Anadolu Agency

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