In vista della prima campanella scolastica, in Italia c’è ancora un gran daffare su come riaprire le scuole. Il modello danese.
In vista della prima campanella scolastica, in Italia c’è ancora un gran daffare su come fare rientrare bambini e ragazzi a scuola. Come saranno disposti per ogni classe? Quali saranno le regole da seguire? Mentre da oggi cominciano in tutte le regioni i testi sierologici per il personale scolastico docente e Ata, la necessità di riaprire le scuole – ora – è quanto mai urgente. Ciò si traduce nel dare, cascasse il mondo, la priorità all’apprendimento dei bambini. Ma come farlo nel migliore dei modi?
“Kids first” ci rispondono i danesi, che da quattro mesi a questa parte sono stati i primi in Europa a riaprire gli asili nido e le scuole primarie dopo il rigido blocco del coronavirus (mentre il 18 maggio sono tornati a scuola anche gli alunni danesi di età compresa tra i 12 e i 16 anni), convinti sostenitori che anche se i contagi riprendono a risalire bisogna tenerle aperte. Il loro “segreto”? Classi piccole come bolle, lezioni all’aperto laddove possibile e ingressi scaglionati.
Da fare tutto il possibile, insomma, per rispondere all’esigenza che tutti i Paesi del mondo (ed includo anche e soprattutto quelli in cui si ha difficoltà di accesso finanche ai servizi essenziali: secondo un rapporto OMS, infatti, circa 818 milioni di bambini non dispongono di servizi di base per il lavaggio delle mani nelle loro scuole e più di un terzo di questi bambini proviene dall’Africa subsahariana), hanno di riaprire le scuole.
Secondo dati UNESCO, la pandemia Covid-19 ha creato la più grande interruzione dei sistemi educativi nella storia, interessando quasi 1,6 miliardi di studenti in più di 190 paesi e tutti i continenti. Le chiusure di scuole e altri spazi di apprendimento hanno avuto un impatto sul 94% della popolazione studentesca mondiale, fino al 99% nei Paesi a reddito medio-basso.
Una pericolosa falla di cui potremo pagare le conseguenze in futuro.
https://www.greenme.it/lifestyle/bambini/rientro-scuole-settembre/
Il modello danese
Ma in questi continui salti nel buio, dicevamo, c’è in definitiva chi – un po’ per sua stessa “costituzione” e un po’ per la lungimiranza di chi governa – ha deciso per le scuole aperte e le lezioni in classe già da metà aprile.
In Danimarca le mascherine non sono obbligatorie e le classi sono state divise in micro-gruppi di una dozzina di alunni e con il minor contatto possibile. Questi micro-gruppi di alunni – o “bolle” – arrivano in un orario separato, mangiano il pranzo separatamente, rimangono nelle proprie zone del parco giochi e vengono seguiti da un insegnante.
In più, gli ingressi vengono scaglionati e si seguono diversi orari per diversi istituti, quotidianamente si sanificano gli ambienti, i genitori non possono entrare se non in determinate circostanze e alcune lezioni si svolgono all’aperto. E non solo: se un alunno o un insegnante viene a contatto con un caso di infezione , tutta la “bolla” va in isolamento e si aspetta un test.
Cosa accade negli altri Paesi vicini?
In Francia, dove le scuole riapriranno il 1° settembre, ci sarà obbligo di mascherina per studenti e docenti anche se c’è distanza di un metro. Si dice che il governo offrirà mascherine gratis alle famiglie meno abbienti, ma per ora nulla è definitivo. Anche in Belgio cancelli aperti il 1° settembre e obbligo di mascherina per chi ha più di 12 anni.
Caos, invece, in Spagna: qui le lezioni dovrebbero riprendere il 4 settembre ma ancora vige la confusione generale (e i sindacati minacciano lo sciopero). Non se la passano meglio in Germania, dove è stato deciso che ogni land farà da sé: così alcuni hanno imposto la mascherina, altri per alternare dad e lezioni in presenza, altri ancora ha disposto test ogni quattro giorni.
Fonti: UNESCO / WHO / BBC / The Local
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