Il cancro al seno potrebbe essere provocato da un virus antico, già presente sull’uomo nell’Età del Rame. Il lavoro dell'Università di Pisa
Il cancro al seno potrebbe essere provocato da un virus antico, già presente sull’uomo nell’Età del Rame. Il lavoro, condotto da un gruppo di ricerca dell’Università di Pisa, apre le porte a nuove misure preventive e terapeutiche per un tumore che colpisce circa il 20% delle donne.
Anche il cancro al seno potrebbe essere provocato da un virus, in questo caso di origine antichissima, che risale all’Età del Rame. La ricerca ha analizzato i resti di 36 individui vissuti fra il 2700 a.C. e il XVII secolo d.C. trovando in sei di essi tracce molecolari di un virus umano fino ad ora sconosciuto, un betaretrovirus molto simile all’MMTV (Mouse Mammary Tumor Virus), agente responsabile dei tumori mammari del topo.
E anche in questo caso (come in altri molto tristi) potrebbe essere avvenuto il ‘salto di specie’, dal topo all’uomo, all’epoca della diffusione dell’agricoltura avvenuta circa 10.000 anni fa nella cosiddetta “mezzaluna fertile”, il territorio tra l’antica Mesopotamia alla valle e al delta del Nilo.
Stretto contatto tra uomo e ambienti a lui estranei, promiscuità e i virus (così come altri agenti patogeni) si adattano al nuovo possibile ospite. La stessa cosa potrebbe essere avvenuta a questo antico e fino ad sconosciuto betavirus che, dal provocare il cancro nei topi, ha iniziato a modificare anche le cellule mammarie umane, trasformandole in cancerose.
“É ormai noto che i virus animali possono passare all’uomo mediante un “salto di specie” – spiega Generoso Bevilacqua, che la guidato la ricerca – che in genere si verifica in ambienti e periodi di stretta coabitazione fra animali e persone, come all’inizio della diffusione dell’agricoltura avvenuta circa 10.000 anni fa nella cosiddetta “mezzaluna fertile”, il vasto territorio che va dalla Mesopotamia alla valle e al delta del Nilo. Qui l’abbondanza di vegetali rappresentò un ambiente particolarmente favorevole per i topi, e non solo, dando inizio alla loro coabitazione con l’uomo, in un ambiente di forte promiscuità”.
Una prima conferma dell’esistenza del virus era arrivata da uno studio che Bevilacqua aveva condotto cinque anni fa sulla saliva umana, uno dei mezzi più comuni di trasmissione di malattie infettive.
Da quell’indagine era emerso come un betaretrovirus simile al MMTV fosse presente nel 10% di donne e uomini sani e nel 60% delle pazienti con cancro mammario. Un risultato che, pur non rappresentando di per sé una prova definitiva, era comunque un forte segnale che ha spinto a ulteriori approfondimenti che hanno rintracciato l’agente patogeno in 3 su 36 crani dell’Età del Rame.
Non sarebbe d’altronde l’unico caso di virus oncologico e la scoperta potrebbe essere una pietramiliare per opzioni preventive e terapeutiche.
“La lista dei tumori umani a origine virale è alquanto lunga: tumori delle alte vie respiratorie, dell’esofago, del fegato, forse della prostata, e anche linfomi e leucemie – sottolinea Bevilacqua – Per questo l’idea che anche i tumori della mammella possano farne parte non è affatto peregrina anche perché ad oggi non vi sono solide ipotesi alternative”.
Nonché il famigerato tumore del collo dell’utero, provocato quasi sempre dal papilloma virus (HPV) e che attualmente può essere facilmente diagnosticato nelle fasi molto precoci, anche pre-cancerose, con il pap-test. Un vaccino consigliato alle ragazze in pubertà ne sta inoltre riducendo significativamente l’incidenza.
Sarà possibile presto un simile percorso anche per il cancro al seno che, sebbene ora potenzialmente curabile grazie alle indagini preventive sempre più sofisticate, continua a uccidere?
Ancora presto per dirlo ma da oggi c’è una speranza in più.
Il lavoro è stato pubblicato su Aging.
Fonti di riferimento: Università di Pisa / Aging
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