Anche le api selvatiche affrontano una nuova pandemia, a causa di un parassita fungino

Una nuova pandemia minaccia le api, in particolare quelle autoctone e libere, meno controllate e conosciute. A causarla un parassita fungino, il Nosema

Un team di ricerca americano segnala che ci sono prove crescenti del fatto che un’altra “pandemia”, come la definiscono, abbia colpito le api negli ultimi due decenni e si stia continuando a diffondere. È causata da un patogeno fungino noto come Nosema.

La scoperta, opera del team di ricerca dell’University of Colorado Boulder e pubblicata su Plos Pathogens, rivela che non si sa quasi nulla dell’impatto di questo patogeno sulle api selvatiche e solitarie, che costituiscono la maggior parte delle circa 20.000 specie di api sul pianeta.

La situazione è da prendere seriamente in considerazione, dato che non solo le api solitarie sono incredibilmente importanti come impollinatori nei loro ecosistemi locali (le api mellifere non si trovano generalmente in questi luoghi), ma contribuiscono anche all’impollinazione delle colture agricole.

Come sappiamo, tra l’altro, le popolazioni di api in tutto il mondo sono già fortemente diminuite negli ultimi due decenni a casa di una concomitanza di cause: parassiti, agenti patogeni, cattiva alimentazione ma anche pesticidi ed inquinamento.

Adesso sembra incombere su questi insetti tanto preziosi anche il Nosema, patogeno fungino. Si tratta un parassita monocellulare a forma di spora che sopravvive infettando le viscere delle api, dove germina, occupa la cellula ospite, si riproduce e libera le sue spore. Mentre passano attraverso il tratto digestivo, queste spore possono infettare altre cellule del corpo dell’ape, facendola ammalare e contaminando anche fiori e polline.

Alcuni ceppi di Nosema riescono anche a ridurre il numero di spermatozoi e mutilare i genitali maschili dei bombi, riducendo il loro successo riproduttivo.

Vari ceppi differenti, principalmente Nosema apis e Nosema ceranae, stanno ora comparendo anche in nuove località. È in particolare il Nosema ceranae a destare preoccupazione, in quanto infetta tutto l’anno gli alveari dove in precedenza le api potevano combattere il problema stagionalmente.

Nella seguente infografica potete vedere la diffusione del Nosema tra le api negli alveari e in quelle selvatiche nelle varie parti del mondo.

api domestiche e selvagge

@ PLOS Pathogens

Esistono alcuni trattamenti, tra cui estratti vegetali, metodi di riproduzione per resistenza e integratori microbici ma, la maggior parte della ricerca sulle popolazioni di api selvatiche, si è limitata ai metodi basati sul DNA che testano il patogeno in un’ape, piuttosto che guardare più olisticamente a come influenza l’ape e la popolazione più ampia.

Gli autori dello studio affermano che è fondamentale per gli scienziati comprendere meglio come questi ceppi di Nosema viaggiano per il mondo e colpiscono le api selvatiche e solitarie, poiché potrebbero portare a ulteriori pandemie di api e contribuire al collasso delle colonie.

Un’altra grave minaccia per le api è il salto di specie patogeno, ovvero quando le api di alveare lasciano il fungo sui fiori e le api selvatiche poi lo raccolgono. Queste api, non avendo mai incontrato prima tale patogeno, potrebbero essere molto più sensibili ai suoi effetti negativi.

La stessa cosa potrebbe accadere al contrario: se una nuova varietà di Nosema si sviluppasse nelle api autoctone, quella varietà più aggressiva potrebbe poi ritornare nelle popolazioni di api commerciali  che non avrebbero resistenza a quel particolare ceppo.

Se davvero questo patogeno riuscirà a diffondersi capillarmente potrebbero verificarsi una cascata di effetti negativi, ad esempio alcuni fiori impollinati esclusivamente da un tipo di ape o da un insetto di determinate dimensioni e peso potrebbero scomparire.

“Sappiamo così poco della biologia di ciò che sta accadendo. – ha affermato Alisha Quandt, coautrice e assistente professore di ecologia e biologia evolutiva – “Questo è uno dei motivi per cui pensiamo che sia così importante per le persone iniziare a fare un tipo di lavoro di sorveglianza, uscire e campionare di più le api autoctone”.

Fonti: University of Colorado Boulder / Plos Pathogens

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