Un nuovo studio condotto in Gran Bretagna ha scoperto i meccanismi cellulari che promuovono la perdita di peso in seguito alla pratica del digiuno
In un nuovo studio, un team di ricerca dell’Università di Warwick (Gran Bretagna) ha approfondito i meccanismi cellulari che sarebbero i responsabili della perdita di peso in seguito alla pratica del digiuno.
Negli ultimi anni si parla sempre più spesso di digiuno come di un sistema utile alla disintossicazione ma anche alla perdita di peso. Ne esistono di diverse tipologie: quello intermittente, il digiuno 16:8, il digiuno serale, il mima digiuno, ecc.
Non si tratta, come alcuni pensano, di mode passeggere. Vi sono infatti una serie di prove scientifiche che il digiuno, non solo promuova la perdita di peso, ma sia in grado anche di migliorare la salute riducendo il rischio di sviluppare diabete, malattie cardiovascolari e malattie neurodegenerative. Naturalmente questo deve essere fatto con criterio, meglio se seguiti da uno specialista.
Alcuni studi sostengono che il corpo risponde al digiuno intermittente, al digiuno a giorni alterni e ad altre forme di restrizione calorica periodica usando l’autofagia, un processo di autoriciclaggio cellulare.
La nuova ricerca del team guidato dal professor Ioannis Nezis della School of Life Sciences dell’Università di Warwick, ha analizzato i meccanismi del digiuno intermittente riuscendo a scoprire come le cellule attivano i geni autofagici durante il periodo di restrizione calorica.
Ci sono voluti sei anni di indagini per completare lo studio che ha mostrato come siano tre proteine chiamate Sequoia, YL-1 e Sir2, ad interagire con la proteina citoplasmatica correlata all’autofagia Atg8a.
È durante queste interazioni che la proteina Arg8a viene reclutata nel nucleo della cellula per controllare la trascrizione dei geni autofagici, promuovendo la combustione dei grassi.
“Questo è il primo studio che scopre un ruolo nucleare della proteina citoplasmatica Atg8a” ha dichiarato il professor Nezis a ZME Science.
Nella seguente foto si possono vedere le cellule che esprimono il mutante GFP-Sequoia-LIR (nuclei verdi) e attivano l’autofagia (indicata dal rosso).
I risultati di questo studio potrebbero aiutare gli interventi volti a mantenere un corretto peso corporeo. Avere una migliore comprensione di come viene attivata l’autofagia nel corpo, infatti, può avere importanti implicazioni per dieta e nutrizione.
E il professore Nezis ha già annunciato di voler andare avanti:
“Continuiamo la nostra ricerca su come le cellule rispondono al digiuno. L’obesità è un fattore di rischio significativo per una maggiore morbilità e mortalità. Il digiuno, negli ultimi anni è stato una tendenza a mantenere un peso sano”
Il nuovo studio è stato pubblicato sulla rivista Cell Reports.
Fonti: Cell Reports / ZmeScience