Abbiamo intervistato Sofia Michieli, giovanissima imprenditrice di Rovigo che ha realizzato un'innovativa serra per fragole che risparmia acqua e suolo
Sofia Michieli, 24 anni, è in procinto di specializzarsi in Tecnologie Agrarie a Padova ma ha già messo a segno un obiettivo importante: realizzare una serra per fragole innovativa che risparmia suolo e acqua. In tempi di Covid-19, poi, questa giovanissima imprenditrice ha anche offerto lavoro a 6 persone della sua zona che l’avevano perso.
Sofia viene da una famiglia di agricoltori che già da tempo possiedono un’azienda agricola, da due anni però si è aggiunta una novità: una serra per fragole unica in Italia che ha vinto nel 2019 il Premio Smau per l’innovazione. Abbiamo contattato telefonicamente Sofia per farci raccontare meglio come funziona.
Innanzitutto la serra che produce “le fragole di Sofia”, così vengono commercializzati i frutti nei mercati locali, si trova a Crispino (Rovigo). Ma come funziona e perché è sostenibile? Ecco cosa ci ha detto Sofia:
“Si tratta di una serra per fragole innovativa con sistema up and down già noto nei paesi esteri (soprattutto in Olanda) mentre in Italia è solo la seconda. È sostenibile sotto molti punti di vista ad esempio per quanto riguarda lo spazio occupato che ci consente di raddoppiare la produzione occupando la stessa superficie. La serra si estende su 6000 metri quadrati, le fragole si trovano su canaline, fuori suolo, alte da terra e mobili, in pratica si sfasano creando due piani di coltivazione. Metà vanno giù e metà vanno su, il piano basso permette le operazioni di raccolta e colturali in genere e quello alto rimane in attesa di essere invertito. Un altro vantaggio dell’up and down è che migliora la qualità del lavoro delle persone impiegate nella serra, perché possono fare tutto in piedi e non devono piegarsi”.
Si cerca in ogni modo di combattere qualunque genere di spreco, in primis quello dell’acqua. Come ci ha raccontato Sofia:
“C’è una razionalizzazione dell’acqua di irrigazione che aggiusta gli apporti in modo da evitare sprechi. Abbiamo in programma in futuro di passare ad un ciclo chiuso di irrigazione, già adesso riduciamo al minimo gli sprechi ma con questo sistema arriveremmo ad azzerarli perché c’è un continuo ricircolo dell’acqua e quindi nulla si perde. Anche per quanto riguarda la materia prima stessa, ossia le fragole, lavoriamo per non sprecare nulla. Abbiamo iniziato a fare marmellate e succhi per evitare sprechi del prodotto sano ma deforme quindi non commercializzabile. In questo modo lo recuperiamo e lo valorizziamo ed evitiamo di perdere il prodotto alimentare che sarebbe un peccato mortale”.
Sofia ci ha poi spiegato che le sue fragole non sono biologiche perché, tra l’altro, per definizione il prodotto biologico deve essere coltivato a terra, dunque anche solo per il fatto che si utilizzano canaline fuori suolo la sua produzione non può essere biologica. Si va comunque il più possibile in questa direzione:
“L’anno prossimo abbiamo in programma di fare la lotta integrata e aumenteremo quindi di un gradino la sostenibilità. Uniremo l’uso di antagonisti naturali, biologici, ad altri interventi necessari. Magari un giorno arriveremo a farle interamente biologiche, speriamo sia possibile (anche se per definizione non possiamo esserlo). Il metodo di lotta biologica è la direzione dove vogliamo arrivare”.
Le fragole dove vengono vendute?
“Le fragole vengono poi portate al mercato ortofrutticolo, proponiamo anche la vendita diretta, comunque tutte rimangono nella zona del Triveneto”.
La serra delle fragole di Sofia si è recentemente distinta anche per aver dato lavoro a 6 persone della zona che l’avevano perso a causa dell’emergenza sanitaria in corso. Abbiamo chiesto alla giovane imprenditrice polesana di raccontarci meglio come è andata.
“In serra riusciamo a coltivare per un periodo prolungato da aprile a giugno e da settembre a quasi dicembre. In questo periodo abbiamo quindi avuto necessità di incrementare il personale per stare dietro alla maturazione e alla raccolta delle fragole. Abbiamo incontrato l’interesse di tanti lavoratori e ne abbiamo assunti 6, purtroppo la superficie è quella e non ci consente di assumerne di più. Erano persone che avevano perso il lavoro a causa dell’emergenza sanitaria, ragazzi che lavoravano in bar, ristorazione, oppure parrucchieri, hanno dai 20 ai 40 anni, e alcuni anche con bambini piccoli”.
Complimenti a questa giovanissima agronoma che ha già le idee molto chiare e sta seguendo con successo la passione di famiglia per la terra e i suoi frutti.
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