Con la riapertura dei bar o comunque la possibilità di asporto, torna anche il monouso e per evitare tonnellate di rifiuti è necessaria una svolta green
Con la riapertura dei bar o comunque la possibilità di asporto, torna anche il monouso. Dal caffè alla brioche, tutto viene imballato e per evitare tonnellate di rifiuti, è necessario che i gestori si dotino di materiali compostabili e biodegradabili.
La pandemia da coronavirus ha sicuramente sconvolto le nostre abitudini e il modo di vivere, mettendo anche in discussione, i modelli di consumo e lo smaltimento dei rifiuti. Si è tornati al monouso e alla plastica, per questo è necessario che nella Fase 2, si pensi a un’economia più sostenibile e circolare.
Gli scienziati lo dicono da tempo, se si continua così nel 2050 ci sarà in mare più plastica che pesci. Questo avvertimento era già inquietante prima dell’emergenza coronavirus, adesso lo è ancor di più, perché le misure anti-contagio prevedono produzione di rifiuti. Di guanti e mascherine abbiamo già parlato, adesso il problema riguarda caffè e cibi d’asporto.
In questo periodo di lockdown, il mondo si è messo in stand-by e la conseguenza positiva è stata la riduzione delle emissioni di gas serra, del traffico e dell’inquinamento. Ma con il ritorno pian piano alla normalità tutto questo sta scomparendo. E sono bastati pochissimi giorni per vanificare tutti i benefici dello stop dell’umanità.
Abbiamo visto le immagini degli animali impigliati nelle mascherine disperse nell’ambiente, così come quelle del fiume Sarno tornato nero solo al primo giorno di riavvio delle attività…
E quando riapriranno altre attività, come ad esempio i parrucchieri, sarà anche peggio:
Ora più che mai è necessario ripensare ad un’economia circolare per non vanificare gli sforzi fatti.
C’è da dire comunque che, secondo il dossier di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile “Pandemia e sfide green del nostro tempo”, il coronavirus ha provocato un’impennata di rifiuti di carta e plastica dovuti principalmente ad acquisti online e servizio d’asporto. Molta più plastica, quindi, provocata da packaging, delivery e grande distribuzione.
“Consumando, ci limitiamo solo a vedere i prodotti finiti e gli oggetti che usiamo, ma difficilmente riflettiamo sul fatto che questi prodotti e oggetti sono fatti con materiali prelevati in grandi quantità in diverse parti del mondo. Il consumo di materiali nel mondo è cresciuto ad un ritmo doppio di quello della popolazione. Dal 1970 al 2017 la popolazione mondiale è aumentata di 2 volte: da 3,7 7,5 miliardi. Dal 1970 al 2017 il consumo mondiale di materiali è aumentato di ben 4 volte: da 26,6 a 109Gt. Il consumo di materiali pro-capite è raddoppiato: da 7,2t nel 1970, a 14,5t nel 2017”, si legge nel dossier.
Tornando al problema rifiuti, le problematiche sono anche legate a difficoltà organizzative e logistiche, in particolare dovute alla carenza di personale – esposto al rischio di contagio e anche contagiato – alle difficoltà delle aziende a fornire prontamente al personale la dotazione dei necessari dispositivi di protezione individuale.
La Fase 2 è appena iniziata ma, secondo la Coldiretti, è già il trionfo del take away. Più di 1 italiano su 3 (37%) acquista cibo da asporto, grazie anche alla ripresa del lavoro per 4,4 milioni di italiani. Per questo, è fondamentale fare scelte responsabili a favore dell’ambiente, scegliendo sia prodotti biodegradabili e compostabili che conferendo correttamente i rifiuti.
Insomma, non abbiamo imparato proprio niente…
Fonte: Dossier Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile
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