Alcuni medici negli Stati Uniti avvertono che il coronavirus sta causando ictus nei pazienti di età inferiore ai 50 anni.
Alcuni medici negli Stati Uniti avvertono che il coronavirus sta causando ictus nei pazienti di età inferiore ai 50 anni. L’infezione da Covid-19 potrebbe infatti portare a una particolare coagulazione del sangue e l’ictus ne sarebbe una conseguenza. Un’ipotesi di certo non gradevole che va presa con le pinze, ma che rimane comunque al vaglio della classe medica.
Ad avanzare quest’idea è il dottor Thomas Oxley, un neurochirurgo del Mount Sinai Health System di New York, uno dei più antichi ospedali didattici degli Stati Uniti. In un articolo apparso sulla rivista scientifica MedScape, lui e i suoi colleghi hanno riportato i casi di cinque persone colpite da ictus in un periodo di due settimane, rappresentando un’incidenza di sette volte maggiore rispetto alla media. In più, tutte avevano meno di 50 anni e tutte presentavano sintomi lievi di infezione da Covid-19 o nessun sintomo.
“Il virus sembra causare un aumento della coagulazione nelle grandi arterie, con conseguente ictus grave – ha detto Oxley alla CNN. Il nostro rapporto mostra un aumento di sette volte dell’incidenza di ictus improvviso nei giovani pazienti nelle ultime due settimane. La maggior parte di questi pazienti non ha una storia medica passata ed era a casa con sintomi lievi (o in due casi, nessun sintomo) di Covid”, ha concluso, aggiungendo che non è comune per le persone così giovani avere ictus, in particolare ictus nei grandi vasi del cervello.
“Per fare un confronto, il nostro servizio, negli ultimi 12 mesi, ha trattato in media 0,73 pazienti ogni 2 settimane di età inferiore ai 50 anni con ictus di grandi vasi – ha scritto il team. Sono meno di due persone al mese”.
Un ictus può provocare gravi danni se non viene rimosso immediatamente. “Un paziente è deceduto e altri sono in strutture di riabilitazione, terapia intensiva o nell’unità di neurochirugia. Solo uno è andato a casa ma richiederà cure intense”, ha spiegato Oxley.
La conclusione da accertare dunque è che, sebbene il coronavirus sia principalmente una malattia respiratoria che colpisce i polmoni, potrebbe causare problemi cerebrali, ma anche cardiaci e renali. Ma con quale incidenza? E in che misura dobbiamo preoccuparci?
I medici a stelle e strisce per ora si limitano solo a questi dati, raccomandandosi che un trattamento rapidissimo in questi casi è di vitale importanza.
“Le cellule cerebrali muoiono quando il flusso sanguigno viene interrotto e più a lungo viene bloccato, più ampio è il danno nel cervello. Il trattamento più efficace per l’ictus di grandi vasi è il recupero del coagulo, ma questo deve essere eseguito entro 6 ore e talvolta entro 24 ore”, ha concluso Oxley.
Il che, spesso, si traduce in una corsa contro il tempo.
L’articolo riprende studi pubblicati e raccomandazioni di istituzioni internazionali e/o di esperti. Non avanziamo pretese in ambito medico-scientifico e riportiamo i fatti così come sono. Le fonti sono indicate alla fine di ogni articolo
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