Era il 26 aprile 1986, data tristemente indimenticabile: il disastro di Chernobyl. Con una guerra che imperversa in Ucraina l'anniversario è ancora più triste e riemerge un incubo mai dimenticato
26 aprile 1986: la temperatura del reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl, nell’attuale Ucraina, sale in modo brusco e incontrollato. Per la prima volta nella storia un incidente nucleare viene classificato al settimo livello, il massimo. Le conseguenze, devastanti, si sono trascinate per anni e decenni. E la zona è ancora minata.
Migliaia di vittime, tra le immediate e quelle che si sono registrate fino a molti anni dopo per cause riconducibili alle radiazioni. Un avvelenamento dell’ambiente che mise in crisi l’“iperumanesimo” del Novecento (molte ricostruzioni hanno attribuito l’incidente non solo a casualità ma anche ad enormi errori umani evitabili) e di cui ancora si sentono le conseguenze.
La zona infatti è stata teatro di massacri in piena emergenza coronavirus: nell’aprile 2020, infatti, imperversarono incendi nell’area che ospitava la centrale nucleare e a Kiev l’aria era diventata irrespirabile.
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Due anni fa si parlava di una una nuova Chernobyl. Le fiamme hanno infatti devastato la foresta di Chernobyl per settimane. Il triste scenario era stato ripreso dai droni, che sorvolavano la misteriosa e inaccessibile zona di esclusione. E non fu purtroppo solo un danno agli alberi: le radiazioni nucleari erano aumentate fino a 16 volte il livello precedente, ben al di sopra del limite considerato tollerabile.
E che dire di quest’anno? C’è una guerra proprio in Ucraina e, nel mezzo di un caos anche di informazione, la paura che un’altra tragedia (che si somma alle vittime delle bombe) possa avvenire è più che viva. E riaccende un incubo mai dimenticato.
Un anniversario sempre molto triste e quest’anno ancora di più.
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