Si è praticamente chiuso il più grande buco dell’ozono al Polo Nord grazie al …caldo!

Il buco dell'ozono del Polo Nord è ormai prossimo alla chiusura. A contribuire alla scomparsa la dissoluzione del vortice polare e le alte temperature

Il buco dell’ozono artico è ormai prossimo alla chiusura. Aveva tenuto gli scienziati col fiato sospeso dalla fine di marzo ma adesso, quello che è stato considerato come un evento senza precedenti per dimensioni e durata al Polo Nord, si sta chiudendo grazie, si fa per dire, alle elevate temperature sperimentate.

A confermarlo è stato il Servizio di monitoraggio atmosferico della rete europea Copernicus, secondo cui il buco non tornerà ad aprirsi  in questa stagione, nonostante il rafforzamento del vortice polare previsto nei prossimi giorni. La chiusura del buco nello strato di ozono è stata possibile per via dell'”ondata di calore” che l’Artico ha vissuto questa settimana, con temperature superiori ai 20° C.

Scoperto di recente da una ricerca condotta dal Centro aerospaziale tedesco di Oberpfaffenhofen, poi pubblicata su Nature, il buco dell’ozono dell’Artico era un sorvegliato speciale. Tre volte più grande della Groenlandia esso non rappresentava una minaccia per la salute umana e secondo le previsioni si sarebbe chiuso in tempi brevi. Così è stato.

Nel corso del mese di marzo, gli scienziati che utilizzano i dati del satellite Copernicus Sentinel-5P hanno notato una forte riduzione delle concentrazioni di ozono sull’Artico. Condizioni atmosferiche insolite, comprese le temperature di congelamento nella stratosfera, ne hanno fatto precipitare i livelli, facendo aprire un “foro” nello strato di ozono. Solitamente tale evento si verifica al Polo Sud, raramente al Polo Nord. Ma allora perché si era formato nell’Artico?

Secondo gli scienziati che lo hanno monitorato, quest’anno il vortice polare, ossia le correnti ad alta quota che mantengono l’aria fredda intorno all’Artico sono state estremamente forti.  Allo stesso tempo, le temperature all’interno del vortice sono state basse, circa 0-80°. Ciò ha fatto sì che le nuvole stratosferiche distruggessero l’ozono a causa di una reazione con i clorofluorocarburi, da tempo vietati dal protocollo di Montreal.

“Il buco dell’ozono nell’emisfero settentrionale nel 2020 è sicuramente un evento da record”, ha detto lo scienziato Antje Inness, del team Copernicus.

La chiusura di questo buco senza precedenti nello strato di ozono non ha nulla a che fare con la riduzione dell’inquinamento legato al coronavirus ma il “merito” va alla dissoluzione del vortice polare, che si è diviso in due e all’ondata di calore che l’Artico ha vissuto questa settimana, con temperature fino a 20° C sopra la media per questo periodo dell’anno.

Qui il video che mostra la chiusura del buco dell’ozono Artico:

E’ colpa dei cambiamenti climatici?

È ancora troppo presto per attribuire questo fenomeno ai cambiamenti climatici o valutarne le conseguenze, sia a breve che a medio e lungo termine:

“Al momento non sappiamo perché le dinamiche siano state così insolite questo inverno. Sono sicuro che molti scienziati faranno studi di modellizzazione per scoprirne le ragioni”, spiega Antje Inness.

La conseguenza diretta è una maggiore esposizione ai raggi UV nelle aree in cui è passato era presente il buco dell’ozono, come Alaska, Groenlandia e parte della Russia.

Fonti di riferimento: Aeronomie, CopernicusECMWF, Euronews

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