Le donne in Nepal sono costrette a dormire nelle ‘capanne per le mestruazioni’ senza acqua, né servizi igienici

In Nepal ancora oggi, durante le mestruazioni, le donne vengono recluse in capanne improvvisate, senza acqua né coperte calde, perché ritenute impure.

In alcune aree del Nepal occidentale ancora oggi viene praticata una tradizione che costringe le donne, durante il periodo mestruale, a vivere in una capanna, lontane da tutto e da tutti. Tradizioni simili sono esistite in diverse culture, basti pensare alle famose Tende Rosse dove le donne erano solite ritirarsi durante il ciclo per riposarsi e prendersi cura a vicenda le une delle altre, lontane dalla quotidianità.

Ma se in questo caso, il ritiro era positivo perché consentiva loro di prendere una pausa dalla vita di ogni giorno, dedicandosi solo a se stesse, il Chhaupadi, questo il nome della tradizione nepalese, è piuttosto un esilio forzato dovuto a una superstizione induista dura a morire, secondo la quale il sangue mestruale è impuro e pertanto, le donne mestruate vanno allontanate dalla comunità perché pericolose.

Una pratica dichiarata illegale in Nepal che, tuttavia, continua a essere molto diffusa vietando alle donne la partecipazione alle attività familiari e sociali, in modo da mantenere l’impurità fuori casa, reclusa in capanne improvvisate dette “chhau“. Dove spesso, le donne, muoiono a causa delle punture di animali o di inalazioni di fumo dovute ai fuochi accesi per riscaldarsi.

A parlarne sono stati dei ricercatori guidati dalla dott.ssa Melanie Channon dell’Università di Bath, che hanno raggiunto la provincia di Karnali nel Nepal centro-occidentale, scoprendo che il 77% delle ragazze intervistate, circa 400, provenienti da zone rurali e di età compresa tra i 14 e i 19 anni, praticano ancora la tradizione. E che quando non c’è una capanna ad accoglierle, vengono spesso costrette a dormire all’aperto, come riporta il loro studio pubblicato sulla rivista Sexual and Reproductive Health Matters.

Le ragazze hanno anche riferito che in quel periodo non è possibile avere a che fare con gli uomini né frequentare templi, cucinare o entrare in casa, e nemmeno usare coperte calde per coprirsi. E che la tradizione viene trasmessa dalle donne anziane, abituate a considerarla normale nell’ambito di una mentalità fortemente patriarcale, e quindi ignare di fare del male alle loro figlie e nipoti.

Rispetto alle zone rurali, si è scoperto che le ragazze di città e quelle più ricche la praticano meno anche se le percentuali rimangono elevate, con un 66%.

Il motivo per cui, secondo i ricercatori, la pratica è ancora così diffusa nonostante il divieto della legge, è che si tratta di comportamenti culturali profondamente radicati, e quindi ritenuti giusti dalla maggioranza. Che per essere cambiati, necessitano di un mutamento di mentalità.

Ecco perché i ricercatori sono impegnati in prima persona nelle comunità locali per favorire una nuova consapevolezza e assicurarsi, nel contempo, che le ragazze recluse nelle capanne abbiano perlomeno accesso all’acqua, ai servizi igienici e ai beni di prima necessità.

Consapevoli che per porre fine davvero a tradizioni simili è indispensabile che chi le pratica impari a guardarle da un’altra prospettiva, mettendole in discussione, in modo da minarne le basi e acquisire una nuova mentalità.

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Photo Credit: What’s missing in MHM?

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