C’è ossigeno su Marte e non così poco come si pensava: in primavera ed estate aumenta fino al 30%. La scoperta, ottenuta dalla Nasa grazie al rover Curiosity, getta nuova luce sul Pianeta Rosso, le sue origini e sulle possibilità che, almeno in passato, abbia ospitato la vita
C’è ossigeno su Marte e non così poco come si pensava: in primavera ed estate aumenta fino al 30%. La scoperta, ottenuta dalla Nasa grazie al rover Curiosity, getta nuova luce sul Pianeta Rosso, le sue origini e sulle possibilità che, almeno in passato, abbia ospitato la vita.
Per la prima volta nella storia dell’esplorazione spaziale, gli scienziati hanno misurato i cambiamenti stagionali dei gas che compongono l’atmosfera al di sopra della superficie del cratere Gale su Marte. E hanno notato qualcosa di mai visto prima: l’ossigeno, il gas che molte creature terrestri usano per respirare, si comporta in modo del tutto diverso, cosa che non può essere spiegata con alcun processo chimico noto.
Il rover Curiosity aveva già trovato tracce di molecole organiche, identificando tiofeni, benzene, toluene e piccole catene di carbonio, come il propano o il butene. Le molecole organiche non necessariamente sono legate alla vita, perché possono essere prodotte anche da processi non biologici, ma la materia organica nei materiali marziani contiene comunque indizi chimici sulle condizioni e sui processi planetari.
Ora si scopre che l’ossigeno, la molecola della vita per eccellenza, presenza importanti differenze nel corso dell’anno marziano. I risultati ottenuti dalla Nasa hanno confermato infatti la composizione dell’atmosfera marziana in superficie, ovvero 95% in volume di anidride carbonica, 2,6% azoto, 1,9% argon, 0,16% ossigeno e 0,06% di monossido di carbonio, ma hanno dimostrato anche che, mentre azoto e argon seguono un modello stagionale prevedibile, la quantità di ossigeno aumenta di ben il 30% in primavera ed estate, per poi tornare ai livelli previsti dalla chimica nota in autunno.
Foto: Melissa Trainer/Dan Gallagher/NASA Goddard
Cosa ancora più interessante, questo schema si ripete ogni primavera, anche se la quantità di ossigeno aggiunta all’atmosfera varia: secondo gli scienziati qualcosa produce il gas e qualcos’altro lo consuma. Se sia qualcosa di “vitale”, ovvero di biologico, non può essere dimostrato per ora, ma che sia dovuto ad un processo chimico attivo sembra sicuro.
Nessuna delle possibilità più “banali” appare possibile, da problemi strumentali a reazioni chimiche note, per cui, attualmente, la bizzarra quanto affascinante scoperta resta un mistero.
“Stiamo facendo il possibile per darne una motivazione – spiega Melissa Trainer, che ha guidato la ricerca – Il fatto che il comportamento dell’ossigeno non sia perfettamente ripetibile ogni stagione ci fa pensare che non sia un problema legato alla dinamica atmosferica. Ci deve essere un’origine chimica che non siamo ancora in grado di spiegare”.
Gli scienziati avevano scoperto in precedenza anche importanti variazioni stagionali del metano nell’atmosfera marziana nel corso di quasi tre anni del Pianeta Rosso, che corrispondono a circa sei anni terrestri, potenzialmente dovute a reazioni chimiche tra acqua e roccia, ma anche a origini biologiche.
Foto: Melissa Trainer/Dan Gallagher/NASA Goddard
Oggi gli esperti si chiedono se le due osservazioni (metano e ossigeno) possono essere legate, ovvero se c’è una “chimica comune” a ciò che sta guidando il tutto. Infatti, almeno occasionalmente, i due gas sembrano fluttuare in tandem.
“Stiamo vedendo un’allettante correlazione tra metano e ossigeno per buona parte dell’anno su Marte – spiega a questo proposito Sushil Atreya, coautore del lavoro – Penso ci sia qualcosa, ma non ho ancora le risposte”.
Ma che legami ci potrebbero essere con la vita su Marte? Ossigeno e metano possono essere entrambi prodotti sia biologicamente (dai microbi, ad esempio) che abioticamente (dalla chimica relativa all’acqua e alle rocce).
Non ci sono prove sicure dell’esistenza della vita (passata o a maggior ragione presente), ma il fatto che questi due gas potrebbero avere la stessa origine si fa più concreta vista la loro apparente “dipendenza l’uno dall’altro”.
E se fosse proprio la vita la matrice comune?
Il lavoro è stato pubblicato sul Journal of Geophysical Research: Planets.