Scoperto il mistero del Mostro di LochNess analizzando il DNA delle acque del lago

Il mostro di Loch Ness è un’anguilla gigante, almeno secondo una serie di test del DNA compiuti da un gruppo di ricerca dell’Università di Otago (Nuova Zelanda) che sembrano porre fine ad uno dei misteri più longevi (e amati) della storia, che da decenni si chiede se il famigerato essere esiste davvero.

Il mostro di Loch Ness è un’anguilla gigante, almeno secondo una serie di test del DNA compiuti da un gruppo di ricerca dell’Università di Otago (Nuova Zelanda) che sembrano porre fine ad uno dei misteri più longevi (e amati) della storia.

Un’indagine a tappeto è stata compiuta nelle acque scozzesi di Loch Ness, dove si narrano, già dal VI secolo, le apparizioni di una figura ai confini della mitologia, che ha ispirato (e attirato) i turisti di tutto il mondo, contribuendo a costruire una cornice “dark” intorno a questi luoghi, già di per sé legati alla narrativa noir.

I risultati arrivano dal prelievo di 250 campioni di acqua e dalle loro relative analisi, che hanno estratto e sequenziato i DNA, confrontandoli con i database di letteratura, in modo da tracciare un quadro completo della vita presente nel lago, dai pesci ai semplici batteri.

Nessuno squalo, né pescecane e nemmeno un enorme storione, così come da escludere un “relitto ancora vivente” del pleisosauro, specie vissuta circa 200 milioni di anni fa, ma un’anguilla “fuori misura” sì, perché, mentre delle altre specie ipotizzate nei secoli non vi è traccia genetica, ce ne sono diverse che portano alle anguille.

“La maggior parte delle specie sono così piccole da essere viste a malapena – spiega Neil Gemmell, che ha guidato la ricerca – ma ce ne sono alcune di maggiori dimensioni e ovviamente la domanda che tutti ci poniamo è se c’è qualcosa di abbastanza grande da spiegare il tipo di osservazioni che la gente ha fatto nel corso degli anni portando alla leggenda di un mostro a Loch Ness”.

Una scoperta che avviene “per esclusione”, come non di rado avviene nella ricerca.

“Esiste una quantità molto significativa di DNA di anguille, con DNA trovato praticamente in ogni campione. Quindi sono anguille giganti? Beh, i nostri dati non rivelano le loro dimensioni, ma la grande quantità del materiale dice che non possiamo scartare la possibilità che esistano e quindi nemmeno che siano ciò che la gente vede e crede sia il mostro di Loch Ness”.

Ma perché scegliere questa leggenda come oggetto di ricerca? Il “fattore-mostro” ha offerto al team l’opportunità di mostrare al mondo la scienza dell’e-DNA, che sta per ‘environmental DNA’ (‘DNA ambientale’), definito come “materiale genetico ottenuto direttamente da campioni ambientali senza segni evidenti di altre fonti biologiche”, ovvero una tecnica con la quale si analizza la traccia genetica per eccellenza estratta direttamente dall’ambiente.

Sfruttare un interesse per il mistero per divulgare? Sì, è uno dei modi con cui la scienza cerca di farsi strada anche tra i non esperti. Per questo una spedizione di Travel Channel ha raccolto materiale per una serie di documentari, che partiranno su Discovery Channel il prossimo 15 settembre.

“La ricerca di Nessie è uno dei misteri più iconici e amati del mondo, che cattura la nostra immaginazione e il senso di avventura – spiega a questo proposito Matthew Butler di Travel Channel – Questa spedizione scientifica volta a trovare risposte a ciò che potrebbe essere in agguato sotto quelle acque è uno scenario molto accattivante”.

Ulteriori conferme sono necessarie per poter affermare con certezza che il “mostro” è un’anguilla gigante, che comunque, dopo queste ricerche, resta la teoria più plausibile di tutte.

Ma comunque, come lo stesso Gemmell sostiene, al di là degli studi scientifici che potrebbero mettere una pietra sopra al “mistero”, il mostro di Loch Ness non morirà mai.

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Roberta De Carolis

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