Donne di conforto: censurata in Giappone la mostra sulle donne costrette a lavorare nei bordelli

Censurata perché rappresenta la nuda e cruda realtà. La Triennale internazionale di arte contemporanea di Aichi, in Giappone, aveva deciso di ospitare una mostra con tema le cosiddette comfort women, le donne di conforto

Censurata perché rappresenta la nuda e cruda realtà. La Triennale internazionale di arte contemporanea di Aichi, in Giappone, aveva deciso di ospitare una mostra con tema le cosiddette comfort women, le donne di conforto: ragazze arruolate per soddisfare i bisogni sessuali dell’esercito imperiale giapponese durante la seconda guerra mondiale, ma l’esposizione è stata censurata.

Una ventina di oggetti controversi, tra cui alcune fotografie e una statua sul tema delle comfort woman, le donne costrette a lavorare nei bordelli, che però è stata ritirata dagli organizzatori della mostra a seguito di minacce.
A rischio secondo gli organizzatori ci sarebbero addirittura i rapporti tra Giappone e Corea, ma gli oppositori parlano di censura e violazione della libertà di espressione.

Le cosiddette comfort donne provenivano dalla Corea, per questo era già in preventivo che ci sarebbero state polemiche, ma non si pensava fino a questo punto. A sostenere il fatto che la statua non dovesse essere esposta anche il sindaco di Nagoya, secondo cui le opere in mostra offendevano la sensibilità del popolo giapponese beneficiando però di fondi pubblici.

La vicenda è stata turbolenta e si sarebbe arrivati all’annullamento della mostra dopo diverse minacce di attentato. Il commissario della mostra ha alla fine ceduto, ma è scoppiato lo scandalo censura perché secondo molti, si sarebbe dovuto procedere alla denuncia e non alla rimozione dell’ opera degli scultori sudcoreani Kim Seo-kyung e Kim Eun-sung.

Per molti l’opera avrebbe rappresentato un pezzo di storia che per molto tempo è rimasto celato. Ma a quanto pare i tempi non sono maturi neanche adesso, nonostante sul tema esista anche un documentario Shusenjo proiettato in 44 sale cinematografiche e visto da oltre 50mila persone.

“La statua che è diventata bersaglio di attacchi, è un’opera d’arte che spera in un mondo senza guerre o violenze sessuali, nonché nel recupero dei diritti e della dignità delle donne,” spiega Yuka Okamoto, curatrice d’arte.

La statua è stata adesso acquistata da un uomo d’affari spagnolo che intende esporla in un “museo della libertà” che aprirà a Barcellona l’anno prossimo.

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Dominella Trunfio

Foto e fonte

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