Secondo un rapporto dell'Università di Boston, le operazioni militari del Pentagono contribuiscono al riscaldamento globale quanto l'attività di una nazione
Il Pentagono e, in generale, la difesa americaana, immette 60 milioni di tonnellate di anidride carbonica e altri gas serra all’anno.
L’inquinamento della sede del Dipartimento della Difesa statunitense può essere paragonato a quello di un Paese industrializzato delle dimensioni del Portogallo.
Il Pentagono inquina quanto un intera nazione
Il Pentagono, sede del Dipartimento della difesa, avrebbe prodotto 60 milioni di tonnellate di anidride carbonica e altri gas serra solo durante il 2017.
Cifre davvero elevate quelle riportate dal rapporto dell’Università di Boston intitolato “I Costi della Guerra”.
La causa principale dell’inquinamento prodotto dal Pentagono risiede nell’uso e nello spostamento di truppe e armi, per via del gasolio utilizzato per gli aerei militari.
Basti pensare che se il Pentagono fosse una nazione, si troverebbe al 55° posto nella classifica dei Paesi più inquinanti.
Sebbene il Pentagono abbia ridotto significativamente negli ultimi dieci anni il consumo di carburante usato per le operazioni militari, e nonostante abbia reso i veicoli più efficienti e iniziato a usare fonti energetiche più pulite, il suo contributo al riscaldamento globale è superiore a quello di paesi come il Portogallo o la Svezia.
Secondo Neta Crawford dell’Università di Boston, autrice del rapporto, il Pentagono dovrebbe impegnarsi a ridurre ancora di molto le proprie emissioni.
Il problema del riscaldamento globale
Nel corso di questo secolo, gli esperti prevedono un incremento delle temperature globali da 3 a 5°C: un aumento preoccupante e molto più alto rispetto ai 2°C che ci si auspica di non superare. Secondo i climatologi, l’accrescimento delle temperature anche solo di un grado centigrado, infatti, condurrebbe a un vero e proprio disastro globale, non solo ambientale. Il riscaldamento globale potrebbe anche aumentare il rischio di conflitti e guerre, come sottolinea una ricerca pubblicata ieri su Nature Magazine.
A gennaio, in un rapporto presentato al Congresso, il Pentagono ha definito il cambiamento climatico in atto “una questione di sicurezza nazionale” e ha proposto numerose iniziative per prepararsi al suo impatto.
Nonostante questa presa di posizione, la richiesta di commenti al Pentagono successiva alla pubblicazione del rapporto di Neta Crawford è rimasta senza risposta.
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Tatiana Maselli