Pet-teraphy: la cura attraverso gli animali

La pet-teraphy vede l'impiego di animali per raggiungere un equilibrio psico-fisico in pazienti umani con problematiche sia fisiche che mentali

Fino ad ora abbiamo affrontato argomenti che riguardavano la salute dei nostri amici a quattro zampe: patologie e disturbi più o meno gravi che possono colpirli e i diversi rimedi ai quali ricorrere per risolverli; aspetti del comportamento animale e di comunicazione al fine di evitare incomprensioni e quindi problematiche di relazione animale-uomo. Solitamente siamo noi proprietari a ricoprire la parte attiva, cercando di preservare al meglio possibile la salute dei nostri animali; ma quando invece i ruoli vengono invertiti e sono gli animali a contribuire al raggiungimento, da parte dell’uomo, di un proprio equilibrio psico-fisico? È quanto avviene con la pet-teraphy.

La pet-teraphy viene fondata intorno la metà del secolo scorso dallo psicoterapeuta Boris Levinson, il quale si rende conto che, durante i colloqui con i suoi pazienti, la sola presenza del suo cane ha un effetto più che positivo. Ma già nel ‘700 e poi nell”800 i medici inserivano nei loro progetti di recupero di pazienti con problemi neurologici degli animali, soprattutto cavalli, per curare schizofrenia e depressione.

Tale disciplina medica, specialmente negli ultimi anni, sembra aver preso piede anche in Italia ed è sempre maggiore il numero delle strutture (associazioni, ospedali, case di riposo, centri di riabilitazione) che ricorre a terapie e attività di pet-teraphy inserendole nei propri programmi. Ormai è noto quali effetti positivi svolgono i nostri amici a quattro zampe nella nostra quotidianità, soprattutto a livello mentale; il semplice gesto di accarezzare un animale è un vero toccasana per allontanare lo stress accumulato durante la giornata, oltre al fatto che prendersi cura di un altro essere vivente sembri aumentare l’empatia e la sicurezza in se stessi. La pet-teraphy però svolge un ruolo un po’ diverso, nel senso che viene definita come co-terapia, dove la relazione con l’animale non è spontanea come invece avviene tra le nostre mura domestiche, ma ben studiata all’interno di un determinato contesto e programma terapeutico; infatti sono coinvolte diverse figure professionali, tutte fondamentali per il raggiungimento dell’obiettivo finale, e l’interazione tra paziente e animale è guidata e supervisionata da esperti sia di comportamento animale che umano; proprio perchè l’obiettivo è quello di raggiungere la salute psico-fisica del paziente, non possono mancare il medico e lo psicologo, ma un ruolo importante è anche quello del veterinario, dell’etologo, dell’istruttore.

Inoltre non si tratta di un sistema di cura alternativo, ma accosta la medicina tradizionale, aumentandone l’efficacia: sembra infatti che aumenti la disponibilità del paziente nei confronti della terapia, ma soprattutto la predisposizione verso la guarigione (quest’ultima infatti non può essere raggiunta se non siamo prima di tutto noi a volerla). Non è l’animale ad essere un terapeuta né tanto meno una medicina, ma è il contesto relazionare a svolgere un effetto terapeutico. Nel 1982 nasce persino la Delta Society, un’associazione americana che si preoccupa di fissare gli standard riconosciuti a livello internazionale per un corretto approccio alle terapie che vedono l’impiego di animali; inoltre non è più sufficiente la sola presenza dell’animale, ma ci deve essere un rapporto di fiducia tra questo ed il conduttore (ad esempio, il cane deve divertirsi insieme al conduttore, ed quest’ultimo deve essere ben pronto a non appesantire il lavoro dell’animale e a capire il comportamento e le necessità del proprio animale: deve essere quindi una persona esperta e competente, alla base ci deve essere sempre una buona preparazione). Il riconoscimento della pet-teraphy in Italia è avvenuto con il Decreto del Presidente del Consiglio del 28 febbraio 2003 che recepisce l’accordo tra il Ministero della Salute, le Regioni e le Province Autonome in materia di benessere degli animali da compagnia e la pet-teraphy.

Nella pet-teraphy possono essere utilizzate diverse specie, ma il cane è una delle più adatte proprio per la sua vicinanza all’uomo. L’animale diventa lo “strumento” attraverso il quale far uscire il paziente dal proprio “guscio”, aiutarlo ad esprimere le proprie emozioni senza timore di essere giudicato: accompagnando il cane durante le sue passeggiate si fornisce al paziente una motivazione per effettuare attività fisica; spazzolando il cane il paziente ha modo di rilassarsi e dedicarsi al benessere di un altro essere vivente; l’anziano trova nell’animale una fonte di curiosità e un punto di svago, mentre per i bambini può essere una fonte di distrazione per rendere più piacevole, o almeno sopportabile, una degenza in ospedale. Naturalmente il programma dovrà essere studiato ad hoc nei singoli casi, ed anche l’animale dovrà essere scelto in base alle necessità del paziente.

Io mi auguro comunque che la presenza di animali all’interno di strutture pubbliche o private, come ospedali, scuole, asili, case di riposo diventi costante e non solo all’interno di un piano terapeutico: la presenza di un animale può essere di giovamento per tutti, oltre che ad avere un fine educativo.

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