I sughi d'uva, gelatina di mosto d'uva senza glutine, ricetta
Indice
Cresco la mia uva in montagna, sopra gli 800 m ed il mio giardino è un piccolo ecosistema brulicante di insetti, uccelli e altri animaletti. Come ogni anno dalle mie 5 piante di vite ottengo abbastanza uva da farmi trascorrere notti insonni, a pigiarla e trasformarla in mosto, per poi preparare i sughi, che ogni autunno mia nonna faceva andando a cercare in campagna l’uva ancellotta, nerissima e dolcissima, perché dovevano risultare di un bel colore viola scuro…
La ricetta di mia nonna era di un cucchiaio di farina per ogni bicchiere di mosto. Io preferisco utilizzare l’amido di mais, che è senza glutine e da una bella consistenza cremosa.
La dose migliore per me è utilizzare 100 g di amido di mais per 1 l e mezzo di mosto.
Procedimento
Fare il mosto
Prendetevi un po’ di tempo e di pazienza, il mostro va lavorato in fretta, altrimenti fermenta. Potete conservarlo in frigo qualche giorno dopo averlo schiumato, ma non di più. Per conservarlo tutto l’inverno ricordo che mia nonna metteva mezza bustina di lievito chimico in un bottiglione da 5 o 6 litri, diceva che così la bottiglia non scoppiava….qualcuna ogni tanto esplodeva ugualmente, fate attenzione… Se comprate il mosto in cantina sarà sicuramente viola scuro e sarà tutto più veloce.
Lavate i grappoli di uva e schiacciateli prima passandoli al setaccio, poi di nuovo schiacciando le bucce e ciò che rimane torcetelo in un telo di lino sottile, in modo da ottenere tutto il succo e i pigmenti viola contenuti nelle bucce. Altrimenti vengono pallidi. Il mosto così ottenuto va filtrato e portato ad ebollizione. Man mano che si forma una schiuma marroncina in superficie, raccoglietela con la schiumarola e buttatela. Se saltate questo passaggio, per quanto filtriate bene il mosto, i sughi avranno un retrogusto allappante e poco piacevole, che rovina anche l’uva migliore. Continuare a bollire a fuoco dolce fino a quando non terminerà la produzione di schiuma. Lasciare raffreddare.
Fare i sughi
Prima stemperare la maizena con poco mosto in modo da non creare grumi e una volta ottenuta una crema liscia si può unire, mescolando, al resto del liquido. Io ho trasferito il tutto in una pentola antiaderente prima di accendere un bel fuoco vivace e mescolare continuamente e a velocità sostenuta, sempre nella stessa direzione, attendendo il magico momento in cui il liquido inizia a trasformarsi in una crema. Ci vorrà un po’ di pazienza, ma il miracolo avviene sempre!
Lascio sempre arrivare al bollore, ma si può anche spegnere il fuoco non appena la crema resta attaccata al cucchiaio e si è addensata. Quando i sughi sono ancora caldissimi vanno trasferiti nei piatti o in bicchieri di vetro, prima che si solidifichino. Mia nonna li ha sempre scodellati su piatti poco fondi, in modo da distribuire uno strato di questa specie di gelatina nella maggior superficie possibile, lasciandoli asciugare prima di consumarli, perché il buono dei sughi è soprattutto la pellicina lucida che si forma sulla superficie e i microfunghetti croccanti, che la colonizzano dopo qualche giorno. I sughi “fioriscono” di una sottile muffa che ha l’aspetto di piccoli cristalli aghiformi bianchissimi. La muffa cristallina è commestibile, se invece non li lasciate all’aria ad essiccare e li conservate in frigo, o in un luogo umido, possono nascere colonie di muffe differenti, che vanno eliminate in fretta, pena gettare il tutto.
Con i chicchi d’uva e la pasta di pane potete fare una buonissima focaccia dolce, che sa di autunno.
Buon appetito!