Non so voi cosa ne pensiate, ma a me sta un po sul naso l’idea che a determinati personaggi che popolano il mondo fiabesco come orchi, streghe, sorellastre e animali un po meno mansueti di altri, spetti sempre il ruolo di brutti e cattivi, mentre a fate, folletti, principesse e consorti quella degli eterni belli e buoni.
Cominciamo a chiarire un punto: NON È SEMPRE COSI’! Sappiamo tutti che spesso l’abito non fa il monaco nel nostro mondo. Ecco, vale lo stesso anche per il mondo delle fiabe.
L’idea di sfatare il luogo comune fiabesco appartiene e apparteneva a molti dei nomi più illustri della narrativa italiani, tra i quali Gianni Rodari.
Nei primi anni ’70 Rodari scrive la Grammatica della fantasia, ovvero l’arte di inventare storie. Le tecniche rodariane del binomio fantastico, del “che cosa accadde dopo” e del “cosa succederebbe se …” anticipano le proposte della scrittura creativa e oggi continuano ad essere impiegate dagli autori per ragazzi e dagli insegnanti. Proprio per questo oggi leggiamo insieme una delle sue più esilaranti filastrocche:
Le favole a rovescio
C’era una volta un povero lupacchiotto,
che portava alla nonna la cena in un fagotto.
E in mezzo al bosco dov’è più fosco
incappò nel terribile Cappuccetto Rosso,
armato di trombone, come il brigante Gasparone…
Quel che successe poi, indovinatelo voi.
Qualche volta le favole succedono all’incontrario
e allora è un disastro:
Biancaneve bastona sulla testa i nani della foresta,
la Bella Addormentata non si addormenta,
il Principe sposa una brutta sorellastra,
la matrigna tutta contenta,
e la povera Cenerentola
resta zitella e fa
la guardia alla pentola.