Come riconoscere le bacche tardo estive e autunnali spontanee velenose
Riconoscere le bacche autunnali delle piante spontanee tossiche o velenose.
Un lettore di greenMe ha posto un quesito su una foto, fatta in questo periodo, sull’identificazione di bacche e relativa foglia trovate durante una passeggiata. Io, pur botanica di professione, ho scambiato i frutti del Tamaro (Tamus communis) per quelli della Salsapariglia (Smilax aspera). Mmmh, si somigliano molto, ma non sono la stessa pianta, ed è inutile dare la colpa solo alla foto poco chiara… Mi rendo conto aver posto più attenzione alla foglia che al frutto, e che dato che sono entrambe velenose, non mi sono soffermata troppo ad osservare le loro bacche. Ho avuto fretta. Una lezione ogni tanto serve a ricordare che non si può determinare le piante, non tutte almeno, con un colpo d’occhio e alla leggera, soprattutto se non c’è il fiore. Quindi… urge un bel ripassino sui frutti di fine estate e autunnali, che spero sia utile anche a voi, dato che boschi si riempiono di bacche colorate, alcune eduli, altre velenose.
Bacche di piante autoctone tossiche e velenose
(clicca sul nome scientifico per avere più informazioni)
Salsapariglia (Smilax aspera): è una piccola erba rampicante spinosetta, una monocotiledone come l’aglio e gli iris per intenderci. Le sue bacche mature sono rosso vivo e ci arrivano passando dal verde, al giallo, all’arancio. I più esperti raccolgono in primavera i suoi getti come gli asparagi, ma il consiglio generale che do è quello di evitare questa pianta per la sua tossicità.
Tamaro (Tamus communis) anche questa è una pianta erbacea rampicante, ma essendo una dicotiledone, le nervature delle sue foglie sono “normali” ovvero si diramano da una nervatura centrale. Le sue bacche sono riunite in gruppi che li fanno somigliare a grappoli. Le bacche rosse sono velenose e non vanno assolutamente consumate. Anche i giovani germogli della pianta sono raccolti come gli asparagi.
Caprifoglio, madreselva (Lonicera caprifolium): un’altra pianta rampicante, legnosa questa volta, capace di “strangolare” le piante che utilizza come supporto. I suoi fiori profumatissimi le hanno fatto guadagnare un posto d’onore nei giardini, e da bambina avevo una voglia di assaggiare le piccole bacche rosse o arancio che spuntavano in autunno…per fortuna non l’ho mai fatto, sono velenose.
Berretta del prete, fusaggine (Euonymus europaeus ) è un arbusto che io ho sempre trovato nei prati stabili di pianura, oppure nei boschi del sud Italia. Tutte le parti della pianta sono velenose e i frutti non sono vere e proprie bacche, ma si aprono a mostrare dei semi carnosi: l’ingestione di pochi dei bellissimi semi può risultare mortale, agendo come purgativo violento. Per via esterna, il decotto della pianta è disinfettante e tiene lontani e parassiti. Velenosissima.
Sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia): ecco un albero dalle bellissime bacche arancio vivo. L’ho messo tra le piante velenose, perché se non sono trasformati con la cottura, i frutti sono tossici, soprattutto per il contenuto di acido cianidrico e per la presenza di sostanze lassative. Non capisco chi dice di consumarlo cotto per sfruttare la vitamina C che contiene, quando la vitamina C è termolabile e sparisce con la cottura.
Piracanta (Pyrachanta coccinea): anche se si trova spesso nei giardini come ornamentale, la piracanta è una pianta spontanea e a volte le sue bacche arancioni colorano i boschi. Sono amare e astringenti, non commestibili da crude, un po’ come il sorbo qui sopra. I semi sono velenosissimi e contengono glicosidi cianogenetici: meglio eliminarli se volete seguire alcune ricette che ho trovato in rete e farne conserve. Io evito.