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Dove la crisi erode il potere di consumo, arrivano i social network a farci dimenticare i sacrifici da fare per arrivare a fine mese e offrire soluzioni economiche per non perdere il piacere di divertirsi. È il caso del social eating, un fenomeno esploso specie in Italia nel corso degli ultimi dodici mesi che ha permesso la nascita di numerosi social network il cui obiettivo è facilitare l’organizzazione, da parte di sconosciuti chef, di eventi culinari a cui tutti gli iscritti possono partecipare, contribuendo alle spese sostenute per la preparazione del pasto. La si potrebbe definire una versione 2.0 della più classica espressione “andare fuori a cena”: qui però i commensali si coordinano tramite la rete, si conoscono grazie alle informazioni presenti sui propri profili personali, si incontrano in casa di un anonimo cuoco e pagano in genere meno di quanto dovrebbero sborsare al ristorante.
Il meccanismo di partecipazione è comune: al momento dell’iscrizione si può scegliere se essere oste o ospite di un evento culinario. Chi accoglie e cucina decide giorno, ora, luogo, menù e prezzo della cena. Chi partecipa come invitato paga la sua quota e si presenta all’appuntamento. Gli invitati sono in genere sconosciuti gli uni agli altri e questo è il bello della situazione. Tutti ci guadagnano qualcosa e questo è l’altro elemento interessante: il cuoco si ripaga il costo della spesa, il social network si prende una percentuale pari a 8-10% della quota, i convitati mangiano in compagnia a un prezzo in genere minore di quello che pagherebbero per una pizza e una birra.
NewGusto, Gnammo, Kitchen Party, Ploonge, Peoplecooks sono i nomi dei più noti social network made in Italy presenti in rete. Insieme, sfatano il mito della rete come luogo auto-riferito per rimettere al centro la dimensione relazionale della vita e abilitare le persone a gestire le risorse in modo alternativo. Singolarmente, propongono eventi culinari diversi per tipologia, luogo, tematizzazione della cena.
Gnammo
È nata all’inizio del 2012 dalla fusione di due piccole start up Cookous e Cookhunter, una con sede a Torino e l’altra a Bari. Da giugno a oggi settecento persone distribuite in 13 regioni hanno già condiviso una tavola grazie al meccanismo messo a disposizione. Ci si iscrive e si apre il proprio profilo: si può scegliere se essere Cooker o Gnammer, a secondo della propria inclinazione. Permette di partecipare a serate dedicate ai prodotti locali, cene a tema e fatte in casa.
New Gusto
È un’iniziativa “made in Abruzzo” e nata subito con l’obiettivo di diventare un punto di riferimento internazionale per il social eating, con ambizioni interculturali: sito in inglese, presenza in decine di nazioni e volontà di diventare il facilitatore dello scambio tra culture culinarie. Il target di riferimento è il turista che invece di cercare un ristorante a caso nella città che sta visitando, si rivolge al social network per cogliere l’opportunità di mangiare un piatto tipico nella casa di un indigeno.
Kitchen Party
Si muove su corde simili a New Gusto pur essendo nato a Roma dall’omonima associazione no profit. Uno spirito festaiolo che evoca serate in terrazza e tavolate informali che trova adepti negli studenti universitari Erasmus dispersi per l’Europa e nei profili più giovani. Nella lista dei prossimi eventi ci sono una cena a base di tagliata a Firenze, un picnic a Buenos Aires e un brunch a Bruxelles. Consigliato per chi viaggia molto o per chi preferisce un’alternativa rumorosa a una serata passata davanti alla tv con la pizza da asporto tra le mani.
Ploonge
È attivo in diciassette capoluoghi italiani e intende aprirsi al mercato straniero – a partire da Berlino -. Dà ampio spazio ai locali, agli agriturismo e alle associazioni, oltre che ai privati, che vogliono promuovere serate speciali, tematiche o chiuse a un riservato numero di ospiti. Associa al social network in rete anche una app per smartphone per trovare in modo veloce e immediato la cena più vicina e più divertente organizzata nella propria città.
Peoplecooks
È il più sociale di tutti i precedenti social network nel senso che oltre alla componente virtuale aggiunge anche quella di mutuo sostegno. La piattaforma si rivolge esplicitamente a studenti o lavoratori fuori sede, turisti squattrinati e persone con difficoltà economiche. Il pasto non deve costare più di sei euro e deve essere erogato con l’obiettivo di farne una valida soluzione di aiuto e solidarietà.