Affamare il cancro con una dieta a basso indice glicemico e metformina per uccidere le cellule malate. Dopo essere stata accertata in laboratorio l'efficacia, il meccanismo individuato dagli studiosi italiani è pronto per la sperimentazione clinica sui pazienti.
Affamare il cancro con una dieta a basso indice glicemico e metformina per uccidere le cellule malate. Dopo essere stata accertata in laboratorio l’efficacia, il meccanismo individuato dagli studiosi italiani è pronto per la sperimentazione clinica sui pazienti.
Dieta ipoglicemica combinata alla somministrazione di metformina, un farmaco utilizzato contro il diabete di tipo due, potrebbe essere la chiave vincente per curare il cancro, facendo lettarlmente “morire” di fame le cellule tumorali. L’inedito meccanismo molecolare per contrastare la proliferazione dei tumori è stato svelato da un gruppo di ricercatori italiani coordinati da Saverio Minucci, direttore del Programma Nuovi Farmaci, dell’Istituto Europeo di Oncologia, in collaborazione con il gruppo di Marco Foiani, docente di Biologia molecolare in Statale e direttore scientifico dell’FOM.
La ricerca, sostenuta da Fondazione AIRC e pubblicata sulla rivista Cancer Cell rappresenta un grande passo avanti alla lotta contro il cancro, permettendo di agire attaccando il suo metabolismo alterato. E rappresenterebbe un’ulteriore conferma di come la dieta e l’alimentazione risultino determinanti per questa malattia.
L’abbassamento della glicemia assunta con il cibo, associata alla somministrazione di metformina, innescherebbe, infatti, una reazione a catena che, coinvolgendo la proteina PP2A, porterebbe alla morte delle cellule tumorali. L’impiego di questo farmaco contro il diabete per “affamare il cancro” era già stato avanzato dai ricercatori dell’Università di Genova coordinati da Barbara Salani che nel 2015 avevano pubblicato uno studio su Cell Cycle con il titolo “IGF1 regulates PKM2 function through Akt phosphorylation” partendo dal presupposto che le cellule tumorali necessitino dello zucchero per accrescere le proprie dimensioni e di come la metformina, sotto forma di farmaco, riuscisse a bloccare l’azione del fattore di crescita insulino-simile IGF1 che porta all’attivazione dell’enzima tumorale PKM2, e di ostacolare l’arrivo degli zuccheri nelle cellule tumorali.
Il nuovo studio, condotto su topi e in laboratorio su cellule umane in vitro, si concentra sulla combinazione di questo farmaco anti-diabete con la dieta a basso indice glicemico, combinazione questa, la cui tollerabilità verrà appurata nell’imminente fase di sperimentazione clinica sui pazienti.
“Si sa da circa un secolo che il metabolismo è una delle differenze chiave fra la cellula cancerosa e quella sana – spiega Saverio Minucci – e quindi deve essere possibile uccidere le cellule malate sfruttando questa differenza. La cellula usa due processi per generare energia: la glicolisi, che si basa sulla disponibilità di glucosio, e la fosforilazione ossidativa, che può essere inibita con la metformina. Noi abbiamo pensato di attaccare il metabolismo mirando al fenomeno della “plasticità metabolica”, vale a dire la strategia con cui la cellula cancerosa si adatta, passando dalla glicolisi alla fosforilazione ossidativa e viceversa, in condizioni di mancanza di nutrimento. Nel nostro studio, riducendo il tasso glicemico con la dieta e somministrando metformina, abbiamo inibito la plasticità metabolica e abbiamo fatto morire le cellule tumorali. Ma siamo andati oltre, scandagliando il meccanismo dell’effetto sinergico di dieta e metformina. Grazie a una dettagliata analisi funzionale a livello molecolare, abbiamo scoperto che ciò che fa morire la cellula tumorale è l’attivazione della proteina PP2A e del suo circuito molecolare. Questo è un dato importante non solo dal punto di vista scientifico, ma anche utile per la clinica. Ipotizziamo infatti che i pazienti che presentano una mutazione in questo circuito potrebbero non rispondere alla futura terapia con dieta e metformina”.
“Siamo nelle condizioni di avviare immediatamente studi clinici – conclude il professor Minucci – e questo passaggio così rapido dalla ricerca di base alla clinica, passaggio solitamente raro, è per noi motivo di grande soddisfazione e di aspettativa per gli sviluppi futuri”.
Un piccolo grande passo avanti nella lotta ai tumori che speriamo si rilevi efficace e di rapida applicazione su larga scala.
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