In solidarietà coi popoli indigeni e contro le politiche di Bolsonaro che aprono allo sfruttamento della Riserva amazzonica, gli attivisti di Greenpeace questa mattina hanno protestato davanti l'ambasciata brasiliana.
In solidarietà coi popoli indigeni e contro le politiche di Bolsonaro che aprono allo sfruttamento della Riserva amazzonica, gli attivisti di Greenpeace questa mattina hanno protestato davanti l’ambasciata brasiliana.
Un blitz di fronte all’Ambasciata del Brasile a Roma per dire basta allo sfruttamento della foresta amazzonica, in solidarietà coi popoli indigeni che stanno venendo letteralmente calpestati dalle nuove politiche del presidente Bolsonaro. Questi popoli, la loro cultura e la loro stessa sussistenza, dipendono dalle foreste, foreste che stanno per essere messe alla mercè delle lobby minerarie e latifondiste grazie alle rimozioni delle tutele che le vincolavano.
«Oltre a trasferire al Ministero dell’Agricoltura la responsabilità di decidere sulle terre rivendicate dai Popoli Indigeni il presidente, Jair Bolsonaro, ha promesso in numerose occasioni di aprire la Foresta Amazzonica all’esplorazione agricola e mineraria con conseguenze disastrose: un aumento del tasso di deforestazione e un incremento degli scontri e delle violenze tra chi difende gli interessi dell’agribusiness e chi protegge le foreste», afferma Martina Borghi, Campagna Foreste di Greenpeace Italia.
Ed è per questo che gli attivisti hanno protestato davanti all’ambasciata con messaggi come “Giù le mani dall’Amazzonia”, “La foresta non è un discount” e “Dalla parte dei Popoli Indigeni e della foresta”.
Colture destinate a diventare mangimi, come ad esempio la soia, di cui l’Europa è il secondo importatore al mondo, stanno causando l’80% della deforestazione, divorando le foreste e i loro antichissimi custodi. Si tratta di oltre 24mila persone, tra cui numerosi Popoli indigeni:
«Le monocolture stanno divorando le foreste del mondo e in Brasile la deforestazione è di nuovo in aumento. Eppure, preservare le foreste può contribuire a risolvere la crisi climatica che stiamo affrontando. Questo è esattamente ciò che le comunità indigene e locali stanno facendo: stare in prima linea di fronte allo sfruttamento indiscriminato perpetrato dalle potenti lobby agricole, minerarie e del legname le cui azioni avranno un prezzo altissimo in campo ambientale, economico e politico. Greenpeace continuerà a lottare a fianco dei Popoli Indigeni affinché questo non accada», conclude Borghi.
Anche perché la Foresta Amazzonica non è solo il nostro polmone verde (con la capacità di immagazzinare tra gli 80 e i 120 miliardi di tonnellate di carbonio), ma anche uno scrigno inesauribile di biodiversità ospitando il 10% di tutte le specie vegetali e animali conosciute sul Pianeta, incluse 40.000 specie diverse di piante e numerosi animali in via d’estinzione come il giaguaro e il tapiro.
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