Nel Bresciano c’è la più grande discarica radioattiva d’Italia. I veleni hanno raggiunto la falda acquifera e oltre 86mila tonnellate di rifiuti radioattivi si trovano in aziende e discariche. Eppure il fenomeno rimane in larga parte sommerso.
Nel Bresciano c’è la più grande discarica radioattiva d’Italia. I veleni hanno raggiunto la falda acquifera e oltre 86mila tonnellate di rifiuti radioattivi si trovano in aziende e discariche. Eppure il fenomeno rimane in larga parte sommerso.
Una lunga inchiesta, quella di Milena Gabanelli e Pietro Gorlani che su Corriere.it, raccontano della bomba ecologica del Nord est, facendo una mappa dei rifiuti che si trovano nel cuore industriale del Paese, ovvero Lombardia e Veneto.
In Lombardia- si legge nell’inchiesta- sono state fuse in fonderie e acciaierie fonti di Cesio 137, di Radio 226 e di Cobalto 60, arrivate quasi sempre dall’Est Europa.
“Erano nascoste in involucri di piombo infilati dentro i camion di rottami, in modo da sfuggire ai controlli. Una volta finiti nei forni hanno contaminato gli impianti di abbattimento fumi, le polveri, i lingotti di acciaio e di alluminio”.
Caso emblematico è quello della discarica Metalli Capra di Capriano del Colle, la più grande discarica radioattiva d’Italia, con ben 82500 tonnellate di scorie al Cesio 137 che si trovano in un parco agricolo. Sempre in un parco urbano c’è l‘ex Cagimetal, con 1800 tonnellate di scorie sempre contenenti Cesio. In molti casi, invece, i rifiuti radioattivi sono rimasti nelle acciaierie e per evitare disastri ecologici, la prefettura di Brescia ha realizzato bunker in cemento armato per stoccare le polveri.
E andiamo in Lombardia, dove ancora non sono state messe in sicurezza le 370 tonnellate di scorie che si trovano dentro la fonderia Premoli a Rovello Porro, nel Comasco. Mentre le istituzioni locali sostengono che non bisogna allarmarsi- sostiene la Gabanelli- l’Arpa Lombardia parla di “cumuli di veleni e fusti corrosi conservati in pessimo stato, vicinissimi alle abitazioni ed al torrente Lura, che in caso di esondazione provocherebbe una catastrofe ecologica”.
“La messa in sicurezza delle scorie radioattive viene pagata da tutti gli italiani con accise presenti nelle bollette della luce. Lo Stato fino ad oggi ha riservato tutte le risorse (3,7 miliardi) alla gestione e allo smantellamento delle quattro ex centrali nucleari, dei cinque reattori di ricerca e dei quattro impianti sperimentali, il cui potere radioattivo è 40 mila volte superiore ai siti a bassa radioattività”, spiega la Gabanelli.
Ma dopo quasi 20 anni, non si è nemmeno a metà strada e i rifiuti radioattivi sono in tutto il paese.
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Dominella Trunfio