Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2018: supereremo mai l’assurdo paradosso della nostra era? #famezero

E' possibile annientare la fame nel mondo? La risposta è sì! E anche noi possiamo fare la nostra parte, scegliendo uno stile di vita più equo e sostenibile, ripensando al nostro modello di produzione del cibo, tagliando gli sprechi.

È possibile annientare la fame nel mondo? La risposta è sì! E anche noi possiamo fare la nostra parte, scegliendo uno stile di vita più equo e sostenibile, ripensando al nostro modello di produzione del cibo, tagliando gli sprechi.

La soluzione per arrivare a #FameZero è ormai ben nota, ma purtroppo siamo ancor qui a parlarne, perché troppo poco è stato fatto per raggiungerla.

Per questo l’obiettivo della Giornata Mondiale dell’Alimentazione – istituita dalla FAO nell’anniversario della propria fondazione (16 ottobre 1945), è annientare la fame nel Mondo entro il 2030.

Vale la pena ricordare che il livello globale la produzione di cibo è responsabile di un quinto delle emissioni di gas serra, mentre la produzione di mangimi occupa il 40% della produzione agricola mondiale. Insomma, detto in parole povere, si dà da mangiare più agli animali che usiamo per il consumo di carne e latticini che alle persone che soffrono la fame.

E queste persone, purtroppo, sono ancora troppe. Anche se la fame e la malnutrizione sono migliorate dal 2000 ad oggi (da un valore di 29,2 si è scesi a 20.9), infatti, ci sono ancora 51 Paesi del mondo dove la situazione è molto “grave e allarmante”.

L’assurdo paradosso della nostra era

L’Indice Globale della Fame (GHI) 2018 mostra che in 51 Paesi del mondo i livelli di fame e malnutrizione mondiale sono molto preoccupanti. Dei 79 Paesi che presentano un livello di fame moderato, grave, allarmante ed estremamente allarmante, solo 29 raggiungeranno l’Obiettivo Fame Zero fissato dalle Nazioni Unite entro il 2030.

Globalmente circa 124 milioni di persone soffrono di fame acuta, mentre 151 milioni di bambini sono affetti da arresto della crescita e 51 milioni da deperimento.

Di contro 1,9 miliardi di persone, oltre un quarto della popolazione mondiale, sono in sovrappeso. Gli obesi sono 672 milioni e 3,4 milioni di persone muoiono ogni anno per problemi legati all’obesità.

Un paradosso della nostra società moderna da eradicare. A cui si aggiunge un altro dato assurdo: nel mondo un terzo del cibo prodotto viene gettato, anche prima di essere commercializzato.

I Paesi dove non si mangia

Le regioni del mondo più colpite sono l’Asia meridionale e l’Africa a Sud del Sahara. In queste due aree si registrano i più alti tassi di denutrizione della popolazione, arresto di crescita, deperimento e mortalità infantile. In Africa a Sud del Sahara, si registra un tasso di denutrizione del 22% sul quale incidono condizioni climatiche avverse, instabilità politica e conflitti prolungati. Tra i Paesi dove la denutrizione è più presente ci sono Zimbabwe (46,6%) e Somalia (50,6%). Sempre nell’Africa subsahariana si trovano i Paesi con il più alto tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni, a cominciare da Somalia (13,3%), Ciad (12,7%) e Repubblica Centrafricana (12,4%), unico Paese con livello di fame estremamente allarmante.

“Il mondo ha compiuto progressi sostanziali nella lotta alla fame, ma a una velocità ancora non sufficiente per raggiungere l’Obiettivo Fame Zero entro il 2030. L’Indice Globale della Fame contiene un messaggio chiaro – ha affermato Daniela Bernacchi, Amministratore Delegato e Direttore Generale Cesvi – è necessaria l’azione congiunta di vari attori, quali la comunità internazionale, i governi nazionali e la società civile, per affrontare le crisi alimentari nelle aree del mondo dove la situazione è ancora allarmante. Ma rispondere all’emergenza non basta: occorre aumentare gli investimenti e promuovere programmi di sviluppo a lungo termine nelle regioni più critiche. La fame è un pericolo persistente che minaccia la vita di milioni di persone, molte delle quali vivono il dramma degli sfollamenti forzati”.

Troppi sprechi alimentari!

Gli sprechi domestici, secondo la Coldiretti, rappresentano in valore ben il 54% del totale e sono superiori a quelli nella ristorazione (21%), nella distribuzione commerciale (15%), nell’agricoltura (8%) e nella trasformazione (2%) per un totale di oltre 16 miliardi che finiscono nel bidone in un anno. Non si tratta quindi solo di un problema etico ma determinano anche – precisa la Coldiretti – effetti sul piano economico ed anche ambientale per l’impatto negativo sul dispendio energetico e sullo smaltimento dei rifiuti.

Un comportamento grave in un Paese come l’Italia dove sono 2,7 milioni le persone che in Italia durante l’ultimo anno sono state costrette a chiedere aiuto per il cibo da mangiare nelle mense dei poveri o con pacchi di auto alimentari, secondo la Coldiretti. In realtà – spiega la Coldiretti – sono appena 114mila quelli che si sono serviti delle mense dei poveri a fronte di 2,55 milioni che invece hanno accettato l’aiuto dei pacchi di cibo sulla base dei dati sugli aiuti alimentari distribuiti con i fondi Fead attraverso dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea). Tra le categorie più deboli degli indigenti si contano – continua la Coldiretti – 455mila bambini di età inferiore ai 15 anni, quasi 200mila anziani sopra i 65 anni e circa 100mila senza fissa dimora.

La fame viene anche dallo sfruttamento degli Oceani

In occasione del World Food Day il WWF punta i riflettori sugli oceani, ambienti tra i più sfruttati del pianeta: il 33% degli stock ittici mondiali monitorati è sfruttato in eccesso e più del 60% è sfruttato al massimo delle loro capacità. 3 miliardi di persone nel mondo consumano pesce, così ché il drammatico impatto della pesca insostenibile mette a rischio non solo gli stock ittici, ma anche il sostentamento delle popolazioni. Una situazione peggiorata anche dagli effetti del cambiamento climatico globale sui mari del mondo che aggiunge problemi quali acidificazione, riscaldamento delle acque, aumento del livello del mare, effetti che si stanno manifestando soprattutto nell’emisfero sud del pianeta.

“Lo sfruttamento degli oceani mette a rischio la sopravvivenza di buona parte dell’umanità, non solo la sicurezza di circa un miliardo di persone che dipendono, direttamente o indirettamente dalle risorse ittiche come fonte di cibo e di reddito, comunità che vivono soprattutto in paesi in via di sviluppo. I mari e gli oceani ricoprono gran parte del nostro pianeta, alterarne gli equilibri ecosistemici potrebbe provocare danni irreversibili. Nella Giornata Mondiale dell’Alimentazione la parola d’ordine è consapevolezza ed educazione ai consumi.” ha dichiarato Donatella Bianchi, Presidente del WWF Italia.

Roberta Ragni

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