Ulisse ricorda lo sterminio degli ebrei: grazie Alberto Angela, che ci aiuta a non dimenticare

Un viaggio senza ritorno, quello fatto da oltre mille persone che avevano come unica colpa quella di essere ebrei, omosessuali, romanì o oppositori del regime. Alberto Angela racconta la loro storia nel terzo appuntamento di Ulisse - Il Piacere della scoperta, andato in onda in prima serata sabato 13 ottobre su Rai1.

C’è sempre il rischio che i volti bui della Storia riappaiono. “È accaduto, quindi potrebbe accadere di nuovo…”, Primo Levi.

Un viaggio senza ritorno, quello fatto da oltre mille persone che avevano come unica colpa quella di essere ebrei, omosessuali, romanì o oppositori del regime. Alberto Angela racconta la loro storia nel terzo appuntamento di Ulisse – Il Piacere della scoperta, andato in onda in prima serata sabato 13 ottobre su Rai1.

Ulisse sceglie di non dimenticare e con il programma anche 3milioni di persone (18,6% di share) che hanno ripercorso virtualmente quel 16 ottobre 1943 in cui donne, bambini e uomini furono catturati dalle SS e portati in un luogo di non ritorno, il campo di concentramento.

Un viaggio verso l’inferno raccontato da chi è sopravvissuto a bastonate, spinte, torture, percosse, fame, sete e malattie. Pochi scamparono all’orrore, tra loro la senatrice Liliana Segre, deportata ad appena 13 anni dalla Stazione di Milano, sotto il binario 21 dove oggi sorge un memoriale con una grandissima scritta ‘Indifferenza’.

“7mila metri quadrati sottoterra, qui invece di scaricare merce, ad un certo punto sono state deportate 600 persone. Tutti sapevano, ma tutto è avvenuto nel silenzio più totale”, spiega Angela nel programma.

“Per una bambina nata e cresciuta a Milano, la stazione centrale era un luogo magico, legato alle partenze verso le vacanze. Mai e poi avrei potuto immaginare che esistesse un ventre nero in cui sarei stata derisa, spinta, bastonata, sputacchiata. Ma la cosa che mi fece più impressione fu il fatto che a maltrattarci non erano solo le SS, ma anche i servi repubblichini italiani, non tutta brava gente”, spiega la senatrice Segre.

“Non c’era acqua e c’era la promiscuità di 50 persone e un secchio per i nostri bisogni. Erano giornate particolari: pianti, preghiere, silenzio di quando si sta per morire”, continua la senatrice raccontando il suo viaggio in treno verso Auschwitz- Birkenau.

Un viaggio lento e tortuoso, in cui spiega Angela, già veniva fatta una prima selezione: donne, bambini, anziani morivano prima dell’arrivo nel campo di concentramento. “Lo sterminio non iniziava entrando nei campi, ma nei vagoni”.

“Quando c’hanno buttato dentro le stive, per loro non eravamo più esseri umani”, spiega invece Sami Modiano, catturato in Grecia e deportato su un battello salpato da Rodi e usato fino a quel momento per il trasporto del bestiame.

“Non c’era spazio neanche per sederti, c’erano gli escrementi del bestiame e una volta arrivati al campo abbiamo chiesto agli internati: avremo la possibilità di rivedere i nostri cari? E loro c’hanno risposto: Vedete quel fumo che esce dai camini? In quel fumo ci sono le loro anime. La mia comunità, la mia grande famiglia non c’era più”, conclude Modiano.

La storia di Liliana Segre e di Sami Modiano è quella di sei milioni di ebrei europei sterminati per volere del Terzo Reich, i loro ricordi danno voce a chi da quel campo non è mai più uscito, morendo nell’indifferenza generale. Da Milano, dal quartiere ebraico a Roma alla Polonia, fino a Berlino, quello che è andato in onda su Rai1è il dovere della memoria.

“Dobbiamo parlare di queste cose perché non vengano dimenticate e affinché non accada mai più”, chiosa Angela.

Scarpette rosse, la poesia letta da Gigi Proietti

C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede
ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”.

C’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio
di scarpette infantili
a Buchenwald.

Più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald.
Servivano a far coperte per i soldati.
Non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas.

C’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald.
Erano di un bimbo di tre anni,
forse di tre anni e mezzo.
Chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni,
ma il suo pianto
lo possiamo immaginare,
si sa come piangono i bambini.

Anche i suoi piedini
li possiamo immaginare.
Scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti
non crescono.

C’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald,
quasi nuove,
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole…

scarpette rosse

La terza puntata completa di Ulisse è disponibile su RaiPlay.

Per rivederla clicca qui ?? https://goo.gl/m3uL72

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