Tre strategie per fermare l'epidemia di sindrome della vita di merda, che affligge i Paesi occidentali
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È diffusa in Gran Bretagna, così come in tutta Europa, e ancor più pesantemente in America: è la sindrome della vita di merda.
Sì, proprio in quelle realtà che per molti sono esempio lampante di “democrazia” e “progresso”; tappa o destinazione ineluttabili per tutti coloro che sono in cerca di “crescita”, nuove opportunità e successo; mito e fonte di ispirazione per molta parte del mondo occidentale, questa sindrome si sta diffondendo tra significative fasce di popolazione, tanto da sollecitare gli scienziati ad analizzare il problema.
I dati emersi dallo studio condotto in America (e pubblicato sul British Medical Journal) evidenzia come – tra i 25 e i 64 anni – i tassi di mortalità siano aumentati sia tra gli uomini che tra le donne, e questo vale trasversalmente per tutte le etnie e “razze”. Poichè i trend sociali e culturali espressi sotto i cieli a stelle e strisce e della Union Flag sono l’anticipazione di quello che arriverà anche da noi, non è affare insignificante.
Cosa dice lo studio? Che l’aspettativa di vita ha iniziato a rallentare, che si muore prima. I malesseri che hanno afflitto la popolazione nera si stanno estendendo anche alla popolazione bianca (non ispanica, quindi tendenzialmente appartenente a ceti sociali meno in difficoltà) e di mezza età. Le cause: overdose di droga ma anche per condizioni correlate all’alcol, suicidi e malattie di organi che coinvolgono più sistemi corporei (in particolare fegato, malattie cardiache e tumori). Ovviamente c’è chi si frega le mani, come le compagnie di assicurazione che avranno più utili, dovendo erogare meno pensioni di quanto previsto.
Il nome della sindrome (della vita di merda) è stato scelto dai medici statunitensi: esplicito, nudo, crudo. Come merita: non racconta infatti solo la povertà, che indubbiamente aumenta, ma la crescente povertà relativa in un’epoca di crescente disuguaglianza, con tutti i suoi effetti collaterali psicologici. Oggi si muore prima e peggio a causa delle condizioni economiche e sociali che il consumismo, la corsa al profitto, la rottamazione dei diritti reali e più profondi delle persone a favore degli interessi delle multinazionali e della tecnologia spinta contro l’uomo, hanno – passo dopo passo – costruito. Nell’americana Baltimora la differenza di aspettativa di vita tra i quartieri più ricchi e quelli più poveri è di 20 anni; nel distretto londinese di Kensington e Chelsea, la differenza di aspettativa di vita tra i più ricchi e i più poveri è di 16 anni. E in prospettiva ci si aspetta un peggioramento di questi dati.
Questa dunque potrebbe diventare la nostra prossima condizione (ci siamo quasi anche noi, in alcuni casi ci siamo già): immersi nella vita-di-merda in cui – oltre il mare a nord e ad ovest dell’Italia- sempre più persone si trovano a navigare da tempo. Disperazione e sconforto, apprensione per il futuro, contratti sociali logori, isolamento e mancanza di accesso alle risorse da un lato e dall’altro: alta tecnologia, alta intensità di conoscenza, alto tasso di consumo e breve durata, sfruttamento nell’assenza totale di rispetto: ogni vita (umana, animale, vegetale) considerata come oggetto, di scambio, di per sé senza alcun valore. Bella prospettiva, vero?
Ma non c’è dubbio che un’altra strada è possibile. Non dobbiamo necessariamente importare tutti i trend, possiamo evitare che questa sindrome – mentale, affettiva, personale e sociale – arrivi a colpire le nostre vite. Come? È sufficiente mettere in campo una sana, forte prevenzione; obiettivo: lo sviluppo del benessere globale per tutti.
Se il termine “decrescita” (che significa, in soldoni, immaginare “una nave che si dirige alla velocità di 25 nodi verso una parete rocciosa e sulla quale si scaglierà inevitabilmente e sul ponte di comando il capitano ordina di diminuire la velocità di un decimo, ma non di invertire la rotta“) disturbasse ancora qualcuno, si può oggi parlare di logica economica alternativa a misura d’uomo, e di tutti. Spirituale. Un interessante punto di partenza e di confronto, potrebbe essere il modello descritto da uno dei pionieri del metodo biologico, Pierre Rabhi, nel suo agile “La parte del Colibrì” (Lindau Edizioni); i tre punti fondanti, permeati da una diversa etica a guidare ogni azione – sono: ecologia, umanesimo e consumo responsabile.
Concretamente ecco cosa possiamo cominciare a fare (e non è certo una novità).
1) Lavoro personale per agire passi nuovi
Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo, disse Gandhi. Si comincia da qui: facendo calare questa frase nella propria vita, invece di continuare – un po’ tutti – a usarla come background retorico e melenso da riprendere al bisogno, per emozionarsi un po’ e magari poi riprendere ad agire nel solito modo egoista con le persone, sul lavoro, nel creare attività o proporre progetti. Solo se ci impegniamo profondamente su noi stessi, potremo poi agire passi davvero nuovi. Meno facciata, più sostanza. Meno “avere”, più “essere”. Meno egoismo, più condivisione. Meno io, più noi.
2) Considerare tutti gli aspetti della realtà
Cambiare noi stessi apre le porte ad una nuova coscienza – della realtà sociale, economica – in cui viviamo: sono necessarie infatti diverse consapevolezze e conoscenze per guardare il mondo – e le nostre scelte quotidiane – per quello che sono e negli effetti a breve, medio e lungo raggio che producono. Serve prima uno sguardo non ordinario, capace di leggere e pensare i significati e le dinamiche su tutti i livelli (Rudolf Steiner, in una conferenza del 15 marzo 1919 a Dornach, sottolineò come, “nessun pensiero è in grado di immergersi davvero nella realtà se non vuole occuparsi del mondo spirituale”). Faticoso, vero. Ma necessario.
3) Agire nel proprio quotidiano
Pianificare, proporre azioni pratiche nelle realtà più vicine a noi: iniziative guidate dal preoccuparsi del bene delle persone, della Terra, degli animali, delle piante. Di tutti.
Anche contro la sindrome-della-vita-di-merda la medicina più efficace rimane l’Amore, messo in pratica individualmente e collettivamente. Possiamo farcela, questo è sicuro.
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