Il glifosato uccide le api: altera l’intestino e le espone a infezioni

Secondo un nuovo studio, il glifosato è in grado di abbattere la popolazione di batteri “buoni” presenti nell’intestino delle api.

L’erbicida danneggia le api, alterando il loro microbiota, esponendole a infezioni. La conferma in un nuovo studio

Il glifosato, il pesticida più usato al mondo, danneggia i batteri buoni nelle viscere delle api, rendendole più incline a infezioni mortali. Prodotto dalla Monsanto, ha come bersaglio un enzima presente solo nelle piante e nei batteri, ma ora una nuova ricerca svela quanto possa minacciare anche l’insetto impollinatore per eccellenza.

Un team di ricercatori dell’Università del Texas, ad Austin, ha infatti rivelato in una nuova ricerca come il glifosato sia in grado di abbattere la popolazione di batteri “buoni” presenti nell’intestino delle api, esponendole così al rischio infezioni.

Dopo la denuncia degli apicoltori francesi, precedenti studi avevano già dimostrato come i pesticidi come i neonicotinoidi causino danni alle api, la cui impollinazione è vitale per circa tre quarti di tutte le colture alimentari, già gravemente minacciate dai pesticidi in generale, dalla riduzione dell’habitat, dagli antibiotici e dalle infezioni batteriche.

Ora il nuovo studio mostra che il glifosato danneggia il microbiota di cui le api hanno bisogno per crescere e combattere gli agenti patogeni. I risultati mostrano che il glifosato, la sostanza chimica agricola più utilizzata di sempre, potrebbe contribuire al declino globale delle api, insieme alla perdita di habitat.

Abbiamo dimostrato che l’abbondanza di specie di microbiota intestinale dominante è diminuita nelle api esposte al glifosato a concentrazioni documentate nell’ambiente”, spiega Erick Motta che ha guidato la ricerca. Hanno scoperto che le api operaie esposte all’esposizione al glifosato sono morte più spesso se successivamente esposte a un batterio comune.

Lo studio

I ricercatori americani hanno esposto alcune api da miele a livelli di glifosato uguali a quelli che si possono incontrare in un campo coltivato, in un giardino oppure sul ciglio di una strada. Le hanno contrassegnate con dei puntini colorati e le hanno catturate di nuovo dopo tre giorni.

In laboratorio si è visto che l’erbicida aveva ridotto proprio il microbiota: almeno quattro delle otto specie di batteri “buoni” del loro intestino risultavano molto meno abbondanti.

In una seconda prova, le api sono state esposte a un batterio patogeno, la Serratia marcescens: metà delle api con microbiota integro era ancora vivo a otto giorni di distanza dall’infezione, mentre solo un decimo di quelle con microbiota alterato era riuscito a sopravvivere.

Un’altra ricerca, dalla Cina, pubblicata a luglio, aveva dimostrato che le larve di ape mellifica crescono più lentamente e muoiono più spesso se esposte al glifosato, mentre uno studio precedente, nel 2015, aveva mostrato che l’esposizione delle api adulte all’erbicida a livelli trovati nei campi “danneggia le capacità cognitive necessarie per un ritorno positivo all’alveare”.

Il professor Dave Goulson dell’Università del Sussex ha dichiarato: “Ora sembra che dobbiamo aggiungere il glifosato all’elenco dei problemi che le api devono affrontare. Questo studio è anche un’ulteriore prova che l’applicazione su vasta scala di grandi quantità di pesticidi ha conseguenze negative che sono spesso difficili da prevedere”.

I ricercatori sollecitano quindi una revisione delle linee guida che regolano l’uso del glisofato, che al momento – lo precisano ovviamente da Monsanto – sarebbe innocuo per le api, perché dovrebbe interferire solo con un enzima trovato nelle piante e nei microorganismi. Ma nel frattempo si chiede ad agricoltori e giardinieri di non spruzzare erbicidi a base di glifosato sulle piante in fiore, quelle che attirano di più le api.

Non è l’unico fattore che ha causato nell’ultimo decennio le morti delle api – conclude Motta – ma è certamente qualcosa di cui bisogna preoccuparsi perché il glifosato è usato ovunque“.

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Germana Carillo

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