È la prima donna a esporre Palazzo Strozzi a Firenze con una mostra di forte impatto emotivo, ma Marina Abramović l’artista più controversa dell’arte contemporanea, fa notizia anche perché nelle ultime ore è stata aggredita proprio mentre firmava autografi.
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È la prima donna a esporre Palazzo Strozzi a Firenze con una mostra di forte impatto emotivo, ma Marina Abramović l’artista più controversa dell’arte contemporanea, fa notizia anche perché nelle ultime ore è stata aggredita proprio mentre firmava autografi.
Di soppiatto un uomo le ha tirato in testa un quadro incorniciato ma fortunatamente senza vetro che raffigurava la stessa Abramović. L’artista serba non si è fatta nulla, ma Vaclav Pisvejc è stato arrestato e potrebbe essere incriminato per violenza privata. L’uomo, un artista ceco, non è nuovo a questo tipo di uscite: nel 2012 aveva tappezzato l’ex convento di Sant’Orsola con finti dollari, nel 2014 si era sdraiato nudo in via Zannetti, vicino al Duomo, e nel 2015 addirittura dentro la chiesa stessa.
Tolto lo spavento, l’artista sta bene e può tornare alla mostra The Cleaner che fino al 20 gennaio 2019 sarà a Firenze, un evento di richiamo internazionale che a tre giorni dall’apertura è già un successo.
E ci dona una grande lezione:
“In passato mi sarei arrabbiata per un fatto del genere, oggi invece provo compassione. La cosa più difficile è perdonare ma bisogna riuscire a farlo come dice il Dalai Lama”.
The Cleaner, la mostra
Oltre 100 opere per l’artista che ha rivoluzionato l’idea di performance mettendo alla prova il proprio corpo, i suoi limiti e le sue potenzialità di espressione.
La mostra è una retrospettiva che offre una panoramica dei lavori più famosi della sua carriera, dagli anni Settanta agli anni Duemila, attraverso video, fotografie, dipinti, oggetti, installazioni e la riesecuzione dal vivo di sue celebri performance attraverso un gruppo di performer.
L’esposizione nasce dalla collaborazione diretta con l’artista nella volontà di proseguire – dopo Ai Weiwei e Bill Viola – la serie di mostre che hanno portato a esporre a Palazzo Strozzi i maggiori rappresentanti dell’arte contemporanea.
“Marina Abramović ha raccolto la sfida di utilizzare il palazzo rinascimentale come luogo espositivo unitario, unendo Piano Nobile, Strozzina e cortile, confrontandosi con un contesto unico e ricco di sollecitazioni. Il lavoro di Marina Abramović ci parla di ricerca e desiderio di sperimentare la trasformazione emotiva e spirituale”, si legge in una nota stampa.
La mostra è una straordinaria occasione per scoprire la complessità dell’arte di Marina Abramović, i cui lavori spaziano da azioni forti, violente e rischiose a scambi di energia gestuali e silenziosi, fino a veri e propri incontri con il pubblico, che negli ultimi anni è diventato sempre più protagonista nelle sue opere.
L’esposizione ripercorre le principali tappe della carriera dell’artista che esordisce giovanissima a Belgrado come pittrice figurativa e poi astratta. Di questa produzione sono esposte opere inedite come l’Autoritratto del 1965 e i dipinti delle serie Truck Accident (1963) e Clouds (1965-1970) in cui si ripetono ossessivamente violenti incidenti di camion e nuvole quasi astratte, lasciando già intravedere la tensione di un’arte che va verso l’immaterialità e che pone il corpo umano come elemento centrale della sua ricerca.
È negli anni Settanta che inizia il lavoro nella performance attraverso l’utilizzo diretto del proprio corpo, come testimoniato in mostra da opere come la serie Rhythm (1973-1974) e Thomas Lips (1975) in cui l’artista si espone a dure prove di resistenza fisica e psicologica, Art Must Be Beatiful/Artist Must Be Beatiful (1975), dove, nuda, pettina i propri capelli fino a far sanguinare la cute, o The Freeing Series (Memory, Voice, Body, 1975), nella quale mette alla prova la capacità di resistenza individuale attraverso estenuanti azioni ripetitive di parole, suoni e gesti.
Nel 1975 conosce l’artista tedesco Ulay e insieme creano celebri performance di coppia come Imponderabilia (1977), dove il pubblico è costretto a passare attraverso i corpi nudi dei due artisti come fossero gli stipiti di una porta, e che viene interrotta dalla polizia, o azioni come Relation in Space (1976) e Light/Dark (1977) e in cui sperimentano l’incontro/scontro tra energia femminile e maschile.
Negli anni Ottanta Marina e Ulay intraprendono viaggi di ricerca e studiano le pratiche di meditazione in Australia, India e Tailandia. Ne nascono opere come Nightsea Crossing (1981-1987), in cui rimangono immobili l’uno di fronte all’altra per ore, e Nightsea Crossing Conjunction (1983), in cui vengono messe in contatto le culture aborigena e tibetana.
La fine della loro relazione sentimentale e professionale si celebra nel 1988 con la performance The Lovers (1988) dove i due artisti si incontrano per dirsi addio a metà della Grande Muraglia cinese, dopo aver percorso a piedi duemilacinquecento chilometri ciascuno, partendo lei dall’estremità orientale e lui da quella occidentale.
“Palazzo Strozzi conferma la sua vocazione per il contemporaneo e lo fa con la prima grande retrospettiva italiana dedicata a Marina Abramović, una delle più iconiche figure artistiche del nostro tempo che con la sua ricerca artistica ha attraversato mezzo secolo sfidando i nostri limiti, reinventando il rapporto con il pubblico, riconfigurando il concetto stesso di performance e entrando indelebilmente nell’immaginario collettivo”, dice Arturo Galansino, direttore generale e curatore della mostra.
La mostra è organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi, prodotta da Moderna Museet, Stoccolma in collaborazione con Louisiana Museum of Modern Art, Humlebæk e Bundeskunsthalle, Bonn.
Orario mostra
Tutti i giorni inclusi i festivi 10.00-20.00
Giovedì: 10.00-23.00
Info
Tel +39 055 2645155
info@palazzostrozzi.org
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Dominella Trunfio