La sua vera colpa? Essere nato nero. George Stinney Jr è stata la persona più giovane ad essere condannata a morte negli Stati Uniti nel Ventesimo secolo. Aveva solo 14 anni quando nel 1944 fu giustiziato sulla sedia elettrica. 70 anni più tardi, la sua innocenza è stata finalmente provata
George Stinney jr è passato alla storia come il più giovane condannato a morte degli Stati Uniti. Era il 1944 quando la Carolina del Sud giustiziò il 14enne George, ma un giudice della stessa corte ha dichiarato la sua “innocenza” solo nel 2014. Cosa è accaduto realmente?
La storia del piccolo innocente è tornata all’attenzione dell’opinione pubblica grazie a un post pubblicato su Facebook. È stato infatti Chiadikaobi O. Atansi a pubblicare diverse foto, tra cui quella segnaletica di Stinney e tre immagini di un film basato sulla sua vita, insieme a un toccante messaggio:
“…tutti i membri della giuria erano bianchi. Il processo è durato 2 ore e mezza e la giuria ha preso la decisione dopo soli 10 minuti…”
Sebbene 70 anni dopo la sua innocenza sia stata ufficialmente riconosciuta, fu quella una profonda ingiustizia che non va dimenticata. Ma cosa accadde realmente a George Stinney?
La vera storia di George Stinney
George Stinney Jr, di origine africana, è stata la persona più giovane ad essere giustiziata nel 20° secolo negli Stati Uniti. Aveva solo 14 anni al momento della sua esecuzione su una sedia elettrica, ingiustamente accusato di aver ucciso due ragazze bianche (Betty 11 e Mary 7), i cui corpi erano stati trovati non lontano dalla casa dove George viveva con la famiglia.
La sua sfortuna? Essere un nero di Alcolu, una piccola cittadina della Clarendon County della Carolina del Sud, in quel profondo sud americano dove mezzo secolo fa la pelle nera era una condanna.
I genitori del ragazzo, minacciati, furono esclusi dal processo dopo aver ricevuto l’ordine di lasciare la città mentre, prima del suo processo, George trascorse 81 giorni in detenzione senza la possibilità di vedere mai più i suoi. Fu imprigionato da solo nella sua cella, a 80 chilometri dalla sua città natale.
La carica della corrente elettrica sulla testa di George fu di 5.380 volt. Un colpo secco, per un bambino che nemmeno aveva la statura per essere seduto su quella sedia: era così piccolo che quando venne messo lì gli dovettero sistemare dei libri sotto il sedere per potergli attaccare gli elettrodi.
George fu ucciso, con una pena ingiusta e in un mondo che gli era contro. Da allora i genitori non si sono persi d’animo, alla ricerca di un briciolo di verità e di giustizia.
Convinti che l’ammissione di George fosse stata estorta, hanno sempre combattuto, partendo dal fatto che non c’è mai stato uno straccio di prove concrete e perché il piccolo aveva un alibi. La sorella Amie, nel 2014 77 anni, raccontò infatti di essere con lui al momento del presunto reato: stavano osservando pascolare una mucca vicino ad alcuni binari, quando le due ragazze passarono in bicicletta.
Nel ’44 il processo a George fu sommario e frettoloso, la famiglia non ebbe avvocati efficaci (l’ avvocato difensore non fece obiezioni, non presentò nessun testimone e disse soltanto che l’imputato era troppo giovane per finire sulla sedia elettrica) e i diritti del ragazzo stabiliti nel VI emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America furono ignorati.
Dopo la sentenza, il difensore non presentò alcun appello e meno di due mesi dopo, il 16 giugno 1944, George Genius Stinney venne giustiziato.
Quasi 70 anni dopo, per l’avvocato Steve McKenzie, che ha riaperto il caso, “nessuna giustizia” è stata fatta e George è morto sulla sedia elettrica da innocente.
“Oltre al fatto evidente che non ha avuto un processo equo in questa vicenda non ci sono prove, non ci sono confessioni scritte, ma solo quelle a voce fatte davanti a poliziotti bianchi. Non ci sono testimoni, non ci sono trascrizioni del brevissimo processo, niente che indichi che il ragazzo fosse colpevole”.
Ed è così che nel 2013 venne ufficialmente chiesta la riapertura giudiziaria del caso e nel gennaio 2014 la giudice Mullen ascoltò finalmente le testimonianze del fratello e delle sorelle di Stinney, di una persona coinvolta nelle ricerche delle bambine e di esperti che hanno rianalizzato i risultati dell’autopsia e la confessione del ragazzo.
Poi, finalmente, arrivò l’annullamento della condanna.
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