Sapevate che le microplastiche nel mare si accumulano proprio nelle zone in cui si concentra il plancton, di cui si nutrono le balenottere comuni? È così che entrano nella catena alimentare, portando malnutrizione, morte per soffocamento, ostruzione del tratto intestinale, inedia e, ancora, problemi per il sistema endocrino a causa dell’esposizione alle sostanze tossiche contenute o adsorbite dalla plastica (ftalati, PCB e altre sostanze).
Sapevate che le microplastiche nel mare si accumulano proprio nelle zone in cui si concentra il plancton, di cui si nutrono le balenottere comuni? È così che entrano nella catena alimentare, portando malnutrizione, morte per soffocamento, ostruzione del tratto intestinale, inedia e, ancora, problemi per il sistema endocrino a causa dell’esposizione alle sostanze tossiche contenute o adsorbite dalla plastica (ftalati, PCB e altre sostanze).
Questo sta accadendo anche nei nostri mari, senza risparmiare aree di pregio come quella del Santuario Internazionale per i Mammiferi Marini, dove le balene sono esposte a microorganismi (batteri, alghe, virus, invertebrati microscopici) che colonizzano i rifiuti plastici in mare, la cosiddetta “Plastisfera”, un nuovo ecosistema marino composto da specie potenzialmente patogene che mettono a rischio la salute di tutti i cetacei nelle acque del Santuario e la biodiversità del Pianeta.
Proprio la Plastisferà sarà il “sorvegliato speciale” del progetto Pelagos Plastic Free di Legambiente in partnership con l’associazione francese Expédition MED, presentato a Genova, che si pone l’obiettivo di prevenire e ridurre i rifiuti di plastica nel Santuario Pelagos, attraverso azioni di governance, monitoraggio scientifico e sensibilizzazione di stakeholders specifici.
“Tutti gli studi confermano che la cattiva gestione a monte è la principale causa della dispersione dei rifiuti anche in mare – ha dichiarato il Responsabile Mare di Legambiente Sebastiano Venneri – e che è urgente agire, in sinergia con le amministrazioni locali, gli operatori del mare e i cittadini, sensibilizzando e diffondendo le pratiche virtuose per frenare la produzione di rifiuti plastici e migliorare i processi di riutilizzo, riciclo e smaltimento”.
Si agirà su tre fronti: governance, monitoraggio scientifico e sensibilizzazione di stakeholders specifici. Il primo step riguarderà il tema dei rifiuti: dalla raccolta differenziata in casa alle infrastrutture per il ritiro, dal trasporto allo smaltimento e al riciclo, esiste un’intera filiera da potenziare. Il progetto prevede la raccolta, diffusione e promozione delle migliori pratiche nel settore, tramite workshop di condivisione con le amministrazioni locali in Liguria, Toscana e Francia.
Con le prime azioni previste tra giugno e agosto 2018, verrà invece monitorata la plastica galleggiante nelle acque del Santuario Pelagos, verranno prelevati campioni da analizzare alla foce del fiume Arno e nel porto di Pisa e in alcuni porti in Francia. L’analisi del DNA delle comunità di microrganismi costituenti la Plastisfera del Santuario, effettuate dal NIOZ (l’Istituto Olandese per la Ricerca Marina), servirà a identificare le specie di alghe, batteri e virus che proliferano sui rifiuti di plastica, influenzando gli equilibri dell’ecosistema marino.
Per questo, anche greenMe ha lanciato la campagna social #svestilafrutta con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica ela grande distribuzione a ridurre l’abuso degli imballaggi in plastica.
Partecipare alla campagna è semplice. Ogni qualvolta ti trovi davanti a un prodotto imballato in maniera assurda e senza senso (un mandarino, una banana, una zucchina etc..) scatta una foto e poi caricala sui social Facebook, Twitter, Instagram usando l’hashtag #svestilafrutta, taggando @greenMe_it e inserendo anche il nome del supermercato dove si trova la confezione.
Per approfondire: #svestilafrutta, greenMe.it dice no all’abuso degli imballaggi. E tu? Partecipa!
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Roberta Ragni