Le piante purificano l’aria dagli inquinanti che si concentrano negli ambienti chiusi. A fornire una nuova conferma sulle capacità di depurare l'inquinamento domestico delle piante una review tutta italiana pubblicata da un gruppo di ricerca dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del Consiglio Nazionale Ricerche (CNR-IPSP).
Le piante purificano l’aria dagli inquinanti che si concentrano negli ambienti chiusi. A fornire una nuova conferma sulle capacità di depurare l’inquinamento domestico delle piante una review tutta italiana pubblicata da un gruppo di ricerca dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del Consiglio Nazionale Ricerche (CNR-IPSP).
L’inquinamento indoor, ovvero quello che si verifica negli ambienti chiusi, è spesso sottovalutato, ma rappresenta una seria minaccia per la salute umana. Con minore ricambio d’aria si possono concentrare infatti sostanze dannose per l’organismo, che rendono a volte l’aria decisamente poco salutare.
Ma possono intervenire le piante, in grado di migliorare la qualità di quello che respiriamo attraverso diversi meccanismi. Innanzitutto, come è noto, queste assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno attraverso la fotosintesi clorofilliana, ma aumentano anche l’umidità traspirando il vapore acqueo attraverso i microscopici pori delle foglie e possono “attirare su di loro” inquinanti nocivi per la salute umana.
Questa incredibile proprietà delle piante risulta però poco sfruttata, per cui la loro scelta in casa è dettata quasi esclusivamente da criteri estetici, che spesso non si sposano con quelli anti-inquinamento. I meccanismi di rimozione degli inquinanti, in poche parole, non vengono quasi mai presi in considerazione nell’arredamento. Errore molto grave, sottolineano i ricercatori.
La fitorimediazione, così è chiamata la capacità delle piante di rimuovere gli inquinanti dell’aria interna (come anche quella di bonificare suoli inquinati), avviene tramite meccanismi fisiologici di assorbimento, ovvero il trasferimento di una specie chimica da una soluzione – in questo caso l’aria – sulla superficie di un solido – la pianta – (adsorbimento) o attraverso il contatto tra aria e pianta (absorbimento).
In altre parole se abbiamo adsorbimento le sostanze chimiche si accumulano solo sulla pianta, mentre con l’absorbimento l’accumulo avviene nelle zone di contatto aria – pianta. Si ha quindi uno “strato aria-pianta” dove le sostanze chimiche trasferite – gli inquinanti – restano “intrappolate”.
Foto: Trends in Plant Science
Tali meccanismi in realtà sono molto complessi e non del tutto spiegati. Gli studiosi sostengono comunque come una combinazione di queste proprietà delle piante, unita a tecnologie all’avanguardia di pulizia dell’aria e sensori intelligenti, possa migliorare la qualità della vita negli ambienti interni riducendo anche il consumo di energia.
L’articolo pubblicato non è un lavoro di ricerca vero e proprio, ma una review, ovvero una raccolta di informazioni sull’attuale stato di conoscenza dell’argomento, che risulta essere sorprendentemente poco affrontato dalla comunità scientifica. Poche ricerche, infatti, si sono occupate di quantificare gli effetti di diverse specie di piante sulla qualità dell’aria interna.
La NASA aveva svolto un lavoro pionieristico negli anni ’80, scrivono gli autori, ma ha fatto affidamento su un semplice approccio sperimentale e attualmente non ci sono studi che hanno utilizzato metodi di ricerca e modellazioni più sofisticati e moderni, che, per esempio, identifichino le caratteristiche delle specie vegetali più adatte agli ambienti interni, come la loro morfologia (forma e dimensione delle foglie, per esempio), anatomia e fisiologia (velocità di assimilazione dell’anidride carbonica).
Tali studi potrebbero mostrare come “ottimizzare l’uso di piante al chiuso, ovvero valutare il numero di piante per metro quadrato necessarie a ridurre l’inquinamento atmosferico ad un certo livello”, sostiene Federico Brilli, primo autore della review.
È necessario inoltre indagare anche le proprietà di batteri e funghi che vivono con le piante, sia nel terreno che sulle foglie, anche loro in grado di contribuire alla rimozione di inquinanti atmosferici. Tale contributo risulta infatti in gran parte sconosciuto. Tra l’altro questi microorganismi potrebbero anche avere effetti negativi sulla salute umana, come allergie e problemi polmonari, quindi è assolutamente necessario uno studio complessivo.
Brilli e colleghi non immaginano per ora impianti che sostituiscano i moderni sistemi di riscaldamento, ventilazione e climatizzazione, ma sostengono che l’integrazione con reti di sensori intelligenti e altre tecnologie computerizzate potrebbe rendere tali sistemi più economici e sostenibili.
“I fisiologi delle piante dovrebbero lavorare con gli architetti per migliorare l’ecologia degli ambienti chiusi” conclude Brilli.
Il lavoro è stato pubblicato su Trends in Plant Science.
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