Troppa plastica sulla Terra, gli oceani ne sono pieni. Ma un enzima potrebbe “mangiare” alcune tra le tipologie più inquinanti, candidandosi a diventare lo spazzino del nostro Pianeta. La scoperta, frutto in realtà di un “errore”, è stata condotta da un gruppo di ricerca internazionale formato da esperti di Università di Portsmouth (Uk), Biotechnology and Biological Sciences Research Council (uk) e National Renewable Energy Laboratory (Usa). Milioni di tonnellate di rifiuti addio?
Troppa plastica sulla Terra, gli oceani ne sono pieni. Ma un enzima potrebbe “mangiare” alcune tra le tipologie più inquinanti, candidandosi a diventare lo spazzino del nostro Pianeta. La scoperta, frutto in realtà di un “errore”, è stata condotta da un gruppo di ricerca internazionale formato da esperti di Università di Portsmouth (Uk), Biotechnology and Biological Sciences Research Council (Kk) e National Renewable Energy Laboratory (Usa). Milioni di tonnellate di rifiuti addio?
Bottiglie di plastica realizzate in polietilene tereftalato (PET), che persiste per centinaia di anni nell’ambiente, potrebbero “scomparire” grazie a questo enzima, accidentalmente mutato nel corso di uno studio mirato a determinare la sua struttura. L’”errore” ha portato ad un altro enzima che appare ottimo nel digerire questo “eterno” materiale.
La ricerca non è comunque nata completamente per caso. Infatti John McGeehan, professore presso l’Università di Portsmouth, e Gregg Beckham, del National Renewable Energy Laboratory, avevano determinato la struttura cristallina della PETase, un enzima scoperto di recente che appariva in grado di digerire, ovvero distruggere e “mangiare”, il PET, e stavano utilizzando queste informazioni 3D per capire questo meccanismo.
Ma nel corso degli esperimenti i ricercatori hanno inavvertitamente ingegnerizzato l’enzima, trasformandolo in un altro migliore allo scopo, e stanno ora lavorando per ottimizzarlo ulteriormente in modo da consentirne l’uso industriale come digestore di materie plastiche.
“I colpi di fortuna giocano spesso un ruolo significativo nella ricerca scientifica di base (come nel caso della scoperta degli antibiotici, avvenuta per puro caso, N.d.R.) – spiega McGeehan – e la nostra ricerca non fa eccezione – Sebbene il miglioramento sia modesto, questa scoperta inaspettata suggerisce che c’è spazio per migliorare ulteriormente questi enzimi, avvicinandoci a una soluzione di riciclo per la montagna di plastica in continua crescita”.
Gli allarmi degli esperti sulla plastica dispersa, d’altronde, continuano. Secondo recenti stime gli oceani potrebbero contenere addirittura più bottiglie di plastica che pesci nel 2050. Un disastro completamente creato da noi e al quale abbiamo il dovere di trovare una soluzione.
L’enzima ottenuto nel corso di questa ricerca può essere una speranza. “Il processo di ingegneria è molto simile a quello degli enzimi attualmente utilizzati nei detergenti per il lavaggio biologico e nella produzione di biocarburanti – continua McGeehan – La tecnologia esiste e ci sono ottime possibilità che nei prossimi anni si ottenga un processo industriale che trasformi il PET e potenzialmente altri materiali come PEF, PLA e PBS nei loro “mattoni originali”, in modo che possano essere riciclati in modo sostenibile”.
La ricerca per ora è “su scala laboratorio” ovvero si limita ad esperimenti su poco materiale ed in ambiente non reale. Comunque un passo in avanti inaspettato che ci lascia ben sperare. D’altronde si sa, non tutti i mali vengono per nuocere.
Il lavoro è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences.
Roberta De Carolis
Foto: David Jones via UoP News