Frutta e verdura bio imballate nella plastica: un paradosso che va fermato (#svestilafrutta)

Il bio nasce per motivazioni ambientali, ma poi viene imballato nella plastica. Potrebbe sembrare assurdo, ma è un paradosso che ci hanno segnalato moltissimi lettori: la frutta e la verdura bio nei supermercati si trova confezionata già nei banconi avvolta dannosa plastica. Questi imballaggi sembrano non potersi evitare per i prodotti dell'agricoltura biologica: una realtà che appare davvero come un controsenso

Il bio nasce per motivazioni ambientali, ma poi viene imballato nella plastica. Potrebbe sembrare assurdo, ma è un paradosso che ci hanno segnalato moltissimi lettori: la frutta e la verdura bio nei supermercati si trova confezionata già nei banconi avvolta nella dannosa plastica. Questi imballaggi sembrano non potersi evitare per i prodotti dell’agricoltura biologica: una realtà che appare davvero come un controsenso.

La plastica molto spesso viene utilizzata una sola volta, e non sempre è garanzia di mantenimento dell’integrità di un prodotto, soprattutto quando quel tipo di frutta o verdura è dotata di buccia, che risulta una protezione più che sufficiente. greenMe.it si è fatta per questo promotrice della campagna #svestilafrutta, che ha come obiettivo quello di sensibilizzare l’opinione pubblica contro l’abuso degli imballaggi in plastica.

Confezionare poi i prodotti provenienti dall’agricoltura biologica sembra ancora di più un assurdo, visto che il bio nasce proprio per tutelare l’ambiente. Frutta e verdura risultano del tutto “rovinate” da un packaging totalmente irrispettoso del nostro pianeta.

Ma perché questa prassi, almeno nella grande distribuzione?

Quali potrebbero essere le soluzioni alternative adottabili a breve scadenza?

svesti la frutta

Per saperne di più, abbiamo intervistato Vincenzo Vizioli, Presidente Associazione Italiana Agricoltura Biologica (AIAB).

Una ‘scorciatoia che ora può essere superata’

“La soluzione dell’imballaggio è una scorciatoia che prima poteva avere un senso perché le dimensioni del biologico erano limitate e quindi soprattutto la grande distribuzione aveva necessità di un’etichetta che garantisse la certificazione.

“Oggi penso che tutto questo possa essere superato, perché i volumi sono decisamente aumentati, e quindi si possa passare alla certificazione dell’intero punto vendita. Qualcuno sta già sperimentando questa via (CONAD COOP, Auchan, etc..), certificando un’intera area con obblighi rispetto ai magazzini, per rispondere alla crescente domanda di bio”.

Un problema di commistioni dunque: poiché i prodotti dell’agricoltura biologica non devono essere in nessun modo mischiati con gli altri, dalla produzione fino alla consegna nella mani del cliente, la grande distribuzione ha avuto la necessità di un imballaggio a parte, in modo da certificare il prodotto e tutta la sua filiera, ma poterlo esporre insieme al resto. Qualcosa che però ora potrebbe essere superato.

“É necessario però che l’intero reparto sia certificato bio, perché la normativa impone che non ci sia commistione tra prodotti biologici e convenzionali. E questo deve valere su tutta la filiera, ovvero tutta la filiera deve essere certificata come biologica, fino al carico e scarico della merce. Se infatti il prodotto è certificato come bio ma poi può arrivare da qualsiasi magazzino cade il sistema di garanzia”.

“La soluzione dell’imballaggio era nata perché l’imballaggio ha un’etichetta che riporta l’organismo di controllo, dati sulla tracciabilità, etc.. Questa era la soluzione per poter mischiare i prodotti biologici con quelli tradizionali, come si fa per il secco, dove c’è sia la pasta bio che quella non bio”.

L’imballaggio in plastica potrebbe essere dannoso per gli stessi prodotti

L’imballaggio in plastica appare però un assurdo, soprattutto ora che i volumi dell’agricoltura biologica sono cresciuti. E non è nemmeno solo un problema di smaltimento della plastica. C’è di più.

“La certificazione dovrebbe essere presa in seria considerazione dal Ministero, anche perché l’emivita dei prodotti (ovvero la loro vita utile, N.d.R.) negli imballaggi si accorcia. Inoltre questi implicano un’ulteriore passaggio di lavorazione, che allunga una filiera che tutti vorrebbero invece accorciare”.

“Gli imballaggi vanno alleggeriti, diminuiti, in modo che risultino meno impattanti allo smaltimento. Invece mi sembra che applicare il vecchio sistema di commercializzazione del convenzionale al biologico stia peggiorando la situazione” conclude Vizioli.

Per saperne di più sugli imballaggi di plastica leggi anche:

Le sporte della merce devono essere biodegradabili già da diversi anni, da quest’anno persino i prodotti nei reparti dell’ortofrutta, macelleria, pescheria, etc non possono essere più imbustati nella plastica. Ma possiamo e dobbiamo fare di più. Basta inutili imballaggi e sì ai sacchetti riutilizzabili qualora imbustare risulti indispensabile, come le retine che si vedono in molti Paesi europei. La plastica deve essere fermata.

Roberta De Carolis

Foto di copertina: Simone Moriconi via Twitter

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