Fukushima: in alcune aree si registrano valori di contaminazione radioattiva fino a 100 volte superiore alle norme. Il report di Greenpeace.
Disastro nucleare di Fukushima: non è servita a molto la decontaminazione svolta in alcuni punti. Sette anni dopo la catastrofe, in alcune aree si registrano valori di contaminazione radioattiva fino a 100 volte superiore alle norme.
A snocciolare i dati è Greenpeace Giappone che, in un’analisi relativa alla situazione delle aree contaminate dalla catastrofe nucleare dell’11 marzo 2011, delinea una situazione ancora molto grave.
Sette anni dopo l’esplosione della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi e il conseguente disastro e un anno dopo che il governo giapponese ha revocato gli ordini di evacuazione nelle aree di Namie e Iitate, i livelli di radiazione rimangono troppo alti per il ritorno a un ambiente sicuro per le migliaia di cittadini giapponesi sfollati.
Questa è la conclusione dell’ultimo ampio studio (Reflections in Fukushima: The Fukushima Daiichi Accident Seven Years On) sulle radiazioni nella Prefettura di Fukushima, a Namie e Iitate, di Greenpeace, che arriva anche a specificare che in quelle aree, dove gli ordini di evacuazione sono stati revocati nel marzo 2017, la contaminazione rimarrà ben al di sopra delle raccomandazioni internazionali di massima sicurezza per l’esposizione alle radiazioni pubbliche di 1 millisievert all’anno (1mSv, il sievert è un’unità di misura della radioattività) per molti decenni.
Era già chiaro, purtroppo, che gli effetti del disastro si sarebbero fatti sentire per centinaia di anni, anche e soprattutto perché gli interventi di decontaminazione del governo furono allora frammentari e inadeguati. Per questo motivo, il Paese corre il rischio di ricontaminazione delle aree già decontaminate.
I risultati principali del rapporto sono essenzialmente quattro:
- Anche dopo la decontaminazione, in quattro delle sei case di Iitate, i livelli medi di radiazione risultano tre volte più alti rispetto all’obiettivo governativo a lungo termine. Alcune aree hanno mostrato un aumento rispetto all’anno precedente, che potrebbe derivare proprio dalla ricontaminazione.
- In una casa di Tsushima, nella zona di esclusione Namie, si stima una dose di 7 mSv all’anno, mentre il limite internazionale per l’esposizione pubblica in una situazione non accidentale è 1 mSv/anno. Tutto questo nonostante si tratti di un’area usata come banco di prova per la decontaminazione nel 2011-12. Risulta chiaro che questo è un dato che rivela l’inefficacia del lavoro di decontaminazione.
- In una scuola nella città di Namie, e anche qui l’ordine di evacuazione è stato revocato, la decontaminazione non è riuscita a ridurre in maniera drastica i rischi di radiazioni, con livelli in una foresta vicina di un tasso medio di dose di oltre 10 mSv all’anno. Situazione particolarmente grave, dato che i bambini sono particolarmente esposti al rischio di esposizione alle radiazioni.
- In una zona di Obori, il massivo livello di radiazioni misurato a 1m darebbe l’equivalente di 101 mSv all’anno, ovvero cento volte il limite massimo annuale raccomandato, supponendo che una persona resti lì per un anno intero. Questo elevato livello di esposizione radioattiva è chiaramente una minaccia, anzitutto per le migliaia di lavoratori impegnati nella decontaminazione, che dovranno trascorrere molte ore in quella zona.
“Il governo giapponese deve smettere di costringere le persone a tornare a casa e deve proteggere i diritti dei propri cittadini – dichiara Kazue Suzuki, della campagna Energia di Greenpeace Giappone. È essenziale che il governo accetti pienamente e applichi immediatamente le raccomandazioni delle Nazioni Unite. I risultati delle nostre indagini sulla contaminazione da radiazioni forniscono la prova che esiste un rischio significativo per la salute e la sicurezza di un eventuale ritorno degli evacuati“.
Era solo il novembre del 2017 quando l’Universal Periodic Review (UPR) dell’UNHRC (Alto Commissariato Rifugiati dell’ONU) sul Giappone emise ben quattro raccomandazioni sui problemi di Fukushima. I governi degli Stati membri (Austria, Portogallo, Messico e Germania) hanno chiesto al Giappone di rispettare i diritti umani degli sfollati di Fukushima e adottare misure forti per ridurre i rischi, per i cittadini, a partire da donne e bambini, e per sostenere pienamente gli sfollati.
La Germania ha invitato il Giappone a tornare alle radiazioni massime ammissibili di 1 mSv all’anno, mentre l’attuale politica governativa giapponese è di consentire esposizioni fino a 20 mSv in un anno.
L’unica raccomandazione è che questa raccomandazione venga adottata al più presto, in modo tale che il governo giapponese non possa far rientrare la popolazione nelle aree contaminate.
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Germana Carillo