L'aumento globale delle temperature può avere conseguenze disastrose ma ogni tanto regala qualche sorpresa, com'è accaduto in Norvegia dove dai ghiacci sono emersi una serie di reperti antichissimi, risalenti all'epoca che precede i Vichinghi, in uno degli angoli più remoti e difficili del pianeta
L’aumento globale delle temperature può avere conseguenze disastrose ma ogni tanto regala qualche sorpresa, com’è accaduto in Norvegia dove dai ghiacci sono emersi una serie di reperti antichissimi, risalenti all’epoca che precede i Vichinghi, in uno degli angoli più remoti e difficili del pianeta.
Lo rivela un nuovo studio condotto da un team internazionale di ricercatori provenienti da diverse università norvegesi, dall’Università di Oxford e dall’Università di Cambridge.
A guidarli è stato Lars Pilø. Come riporta anche il blog ufficiale Secrets of the Ice si tratta di un nuovo “fantastico record archeologico di attività umane passate in alcuni dei paesaggi più remoti e proibiti”.
Concentrandosi su Jotunheimen e le aree montuose di Oppland, che comprendono le montagne più alte della Norvegia (fino a 2649 m), i ricercatori hanno condotto un’indagine sistematica, recuperando manufatti di legno, tessili, pelli e altri materiali che raramente si conservano nel tempo.
Ad oggi sono stati recuperati più di 2000 artefatti. Alcuni reperti risalgono al 4000 aC e comprendono frecce, oggetti dell’età del ferro e dell’età del bronzo, resti di rudimentali sci e di cavalli.
Grazie alla datazione al radiocarbonio è stato possibile andare alla loro origine scoprendo che non tutti risalivano allo stesso periodo ma appartenevano a epoche differenti.
Cosa potrebbe aver causato questo schema cronologico? Le attività umana o i cambiamenti climatici del passato?
Queste domande sono al centro del nuovo studio pubblicato su Royal Society Open Science.
“Uno degli schemi che ci ha davvero sorpreso è stato il possibile aumento di attività nel periodo compreso tra il 536 e il 660 d.C. Questo è stato un periodo di raffreddamento, i raccolti potrebbero essere falliti e le popolazioni potrebbero essere state decimate” spiega il dott. James H. Barrett, archeologo ambientale del McDonald Institute di Cambridge per la Ricerca archeologica.
I reperti trovati nel ghiaccio attestano che per sopravvivere ai cambiamenti climatici e al drastico calo delle temperature che all’epoca danneggiarono i raccolti, venne dato più spazio alla caccia in montagna, soprattutto delle renne.
“Vediamo quindi un numero particolarmente elevato di reperti risalenti all’VIII-X secolo d.C., probabilmente a causa dell’aumento della popolazione, della mobilità (compreso l’uso di valichi di montagna) e del commercio appena prima e durante l’era vichinga”.
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In questo caso, il ghiaccio ha funzionato come macchina del tempo, preservando i reperti durante i millenni come un enorme congelatore preistorico e regalandoci eccezionali documenti sull’attività umana nelle aree più remote della Terra.
Francesca Mancuso
Foto: Secrets of Ice