La scrittura espressiva consiste nel riportare su un diario i propri pensieri, emozioni, vissuti. Questa tecnica, semplice, produce degli effetti positivi sulla nostra salute psicofisica e migliora le nostre prestazioni. Consigli e avvertenze per chi vuole avvicinarsi alla scrittura espressiva.
Caro diario, ti scrivo. Forse anche a voi queste parole hanno immediatamente riportato indietro nel tempo, alla gioventù più acerba, ai segreti (ovvero emozioni, simpatie, impressioni, amori vissuti o sognati, personaggi pubblici amati, disegni e adesivi per abbellire) scritti e custoditi in un quaderno o un diario tenuto nascosto, perché nessuno potesse leggerlo.
E immediatamente è seguita l’associazione ad un passatempo adolescenziale. Invece no. Il processo di mettere i propri pensieri, sentimenti ed esperienze in parole, senza filtri “didattici” o “estetici”, lasciando andare nero su bianco quello che si presenta, con le proprie capacità di scrittura, fa bene a tutte le età e si chiama “scrittura espressiva”.
Fermarsi e scrivere (su un file word del pc oppure su un quaderno di carta, poco importa lo strumento utilizzato) consente, in primo luogo, di fermarsi e dedicarsi del tempo. È un momento per sé, per guardarsi e sentirsi senza “pressioni” o “doveri” esterni: consente di avvicinarsi a sé, esprimere tutto quello che si muove dentro e al tempo stesso prendere un po’ di distanza; consente uno spazio di riflessione e metariflessione. Offre, alla fine, una prospettiva più obiettiva ed equilibrata, più ampia.
Concretamente poi i benefici sono tanti e dimostrati dalle ricerche scientifiche: la scrittura espressiva – sul lungo termine – può ridurre lo stress, migliorare la qualità del sonno e della funzionalità di polmoni e fegato, ridurre la pressione sanguigna, rendere persino il sistema immunitario più forte, migliorare il nostro modo di agire nel mondo e quindi anche le nostre prestazioni e la qualità delle nostre relazioni. E, insieme ad altri percorsi di lavoro personale, aiuta nella gestione di ansia, depressione o nell’affrontare le conseguenze di eventi faticosi od emotivamente impattanti.
Cosa serve, per dedicarsi alla scrittura espressiva, è presto detto: oltre al supporto per scrivere, l’ingrediente principale è un tempo e un luogo dedicati. Bisogna trovare un momento (almeno 15 minuti, suggeriscono gli studi) e un posto in cui ci si trova bene, a proprio agio, senza essere disturbati.
E poi, si parte. Dentro di sé. Mettendo giù le cose importanti, personali; i propri: sentimenti, emozioni, vissuti, pensieri, azioni. Quello che emerge. È un raccontarsi a se stessi.
Se davanti al foglio sembra che non ci sia nulla da dire, si può cominciare semplicemente con l’ascoltare il proprio corpo, partendo dai piedi fino alla testa, per sentire come sta, annotando le sensazioni di quel momento (tensioni, sensazioni nei punti di contatto – ad esempio della schiena sulla sedia -, caldo o freddo eccetera).
Avvertenze: non censurare nulla, non farsi condizionare dalla necessità di una bella scrittura o dalla grammatica; parlare sempre di sé (e non degli altri). Se un tema è troppo “forte” aspettare tutto il tempo che serve per poterlo scrivere (oppure, provare a “raccontarlo” – per cosa smuove in quel momento – con dei colori, attraverso un disegno libero, strutturato o destrutturato, non ci sono regole né estetiche da rispettare, non c’è bello o brutto).
E poi, l’invito è a rileggere: potranno emergere nuove riflessioni, nuove osservazioni, nuove comprensioni proprio dalle proprie parole. Si può “ricomporre” quando scritto, dando un ordine diverso, se si sente che questo potrebbe essere più appropriato o piacevole (se – invece – ritrovare le proprie parole ed emozioni dà disagio, si può soprassedere, per riprendere quel testo in un altro momento).
Infine: tenere la pagina, il file, il diario in un posto sicuro o buttarlo è un’altra scelta possibile, personale. Libera. La scrittura finale di quel, singolo, pezzo narrato di noi.
Anna Maria Cebrelli