Amazon, tutta la verità sulle terribili condizioni di lavoro (VIDEO)

Si lavora anche per dieci ore consecutive, 30 secondi è il tempo massimo che bisogna impiegare per imballare un pacchetto, ogni spostamento è controllato dalle telecamere e c’è anche chi finisce per addormentarsi in piedi per la stanchezza. Tutto e ciò e molto altro nell’inchiesta denuncia del quotidiano Mirror che mette sotto accusa il colosso Amazon.

Si lavora anche per dieci ore consecutive, 30 secondi è il tempo massimo che bisogna impiegare per imballare un pacchetto, ogni spostamento è controllato dalle telecamere e c’è anche chi finisce per addormentarsi in piedi per la stanchezza. Tutto e ciò e molto altro nell’inchiesta denuncia del quotidiano Mirror che mette sotto accusa il colosso Amazon.

A ridosso del Black Friday era scoppiato il cosiddetto ciclone Amazon, i dipendenti in sciopero denunciavano le condizioni di lavoro massacranti e al di fuori di ogni regola legata a un normale contratto.

Alan Selby, giornalista del quotidiano inglese Mirror ha voluto vederci chiaro, soprattutto dopo le polemiche scaturite dal caso, una buona fetta di popolazione infatti, dopo le denunce, sui social aveva parlato di montatura dei dipendenti, sostenendo addirittura che chi si lamentava era perché non era disposto a fare dei sacrifici: ‘a chi non sta bene può anche andarsene, perché da tutte le parti è così’, sostenevano alcuni.

E no, non funziona proprio così, perché quando hai una famiglia casa che ti aspetta, un affitto da pagare, le bollette, i figli da sfamare, non ci si può permettere colpi di testa al pari dei film americani. Allora ci si aspetta che la realtà sia fatta di normalità: chi si lamenta non è che non ha voglia di lavorare in generale, semplicemente non ha voglia di logorarsi nel lavorare.

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Proprio queste condizioni sono al centro dell’inchiesta del Mirror. Il giornalista Selby si è fatto assumere dalla nota multinazionale e sotto copertura, ha documentato ciò che succede al suo interno.

Il suo racconto, quindi, è imparziale perché lui stesso è un testimone indipendente non essendo pagato dall’azienda. La realtà che viene fuori è esattamente quella raccontato dai dipendenti di Piacenza che avevano scioperato, ma che poco avevano ottenuto.

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Riportiamo qualche stralcio del suo racconto:

“Sono in una gabbia chiusa a chiave, un robot si avvicina all’ombra e spinge verso di me una torre di scaffali. Ho nove secondi per afferrare ed elaborare un articolo da spedire per l’imballaggio: ho un obiettivo di 300 articoli all’ora”.

“Mentre mi piego in continuazione sul pavimento, il mio corpo si ribella. Le telecamere controllano ogni mia mossa, lo schermo davanti a me, mi ricorda costantemente le unità da imballare e quanti secondi ci sto mettendo nel farlo”.

Il giornalista si trova all’interno del più grande impianto di confezionamento europeo di Amazon che è nel Regno Unito, dove vengono distribuiti 1,2 milioni di articoli all’anno con un fatturato di 7,3 miliardi di dollari nel 2016.

Per cinque settimane, Selby ha contribuito a questo business nel magazzino di Tilbury, nell’Essex e nel frattempo ha documentato tutto con una telecamera nascosta comprata proprio su Amazon.

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“Ho trovato personale che dormiva in piedi, dopo aver lavorato 55 ore la settimana. Coloro che non riuscivano a tenere il passo ricevano provvedimenti disciplinari, ho visto gente collassare ed essere trasportata via con l’ambulanza”, scrive il reporter.

Un esercito di elfi infelici, così li definisce il giornalista: 24mila persone pagate 7 penny per articolo, ovvero 8 centesimi, per preparare e consegnare in tutto il Regno Unito.

Durante il Black Friday, il fondatore Jeff Bezos aveva posto come obiettivo ai suoi dipendenti di fargli guadagnare 1,8 miliardi di dollari in più. E i lavoratori hanno raccontato di dormire in tende e sotto i ponti per arrivare a lavoro in orario.

Pause di pochi minuti, obiettivi impossibili, condizioni di lavoro estenuanti e intollerabili, personale pagato meno del salario di sussistenza, rischio di malattie mentali e fisiche, lancette degli orologi nascosti per non far vedere allo staff quanto manca al fine turno.

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Ritmi che neanche il giornalista, sebbene si fosse allenato come un maratoneta prima di farsi assumere, è riuscito a reggere per troppo tempo, visto che ogni dipendente per andare da una parte all’altra fa addirittura anche 8 chilometri.

Le testimonianze raccolte da Selby parlano di femore compromesso, legamenti danneggiati perché i magazzini sono ampi quanto 8 campi da calcio e anche per andare in bagno bisogna fare quasi un chilometro.

Un collega è stato portato all’ospedale in ambulanza quando è crollato sul lavoro, dopo aver faticato nonostante il malessere. Come se non bastasse, chi non raggiunge gli obiettivi viene licenziato in tronco, senza se e senza ma.

“Sembravo un robot, mi è stato detto di confezionare 120 articoli singoli all’ora o 85 articoli multipli. Dopo un paio di giorni, l’obiettivo era salito a 200 oggetti. A metà giornata mi sentivo svuotato”.

Tutto il contrario di ciò che ha dichiarato Amazon, ovvero di “offrire un lavoro sicuro e positivo con buona retribuzione. Ambiente positivo e opportunità di crescita”.

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Alla luce di ciò, dopo il colloquio il giornalista sotto copertura si aspettava che tutto fosse moderno e alimentato da robot, invece un robot lo sarebbe diventato lui.

Dominella Trunfio

Foto: Mirror

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