Tra superstizione e scienza, l'uso e l'efficacia dei talismani. I sei amuleti più utilizzati nel mondo.
“Occhio malocchio, corno bicorno, aglio, fravaglio, fattura che non quaglio“: ricordate il refrain popolare per scacciare i flussi malevoli? In alternativa, tra prevenzione e ricerca di protezione, vanno ancora di moda gli amuleti; i più gettonati, nel mondo, probabilmente sono: il ferro di cavallo, l’hamsa, il quadrifoglio, il filo rosso, il cornetto e la manufica.
Chi non conosce il ferro di cavallo (e relativo modo di dire: “tocca ferro“) alzi la mano. Dietro di lui, una leggenda narra che il diavolo chiese a Dunstan, un fabbro (che diventò poi Arcivescovo di Canterbury nell’Anno del Signore 959) di mettere i ferri di cavallo sul suo destriero. Il saggio Dustan invece sistemò i ferri sugli zoccoli del demonio; accettò di toglierli solo dopo la promessa, fatta dal diavolo, che non sarebbe mai più entrato in un luogo sulla cui porta fosse stato appeso un ferro di cavallo.
La Mano di Fatima (o hamsa) è un simbolo tradizionale nelle culture musulmane ed ebraiche: rappresenta il “cinque”, il femminile, la protezione dal male; attrae la buona fortuna.
La manufica, invece, di origine sarda, si potrebbe definire la versione al femminile del dito medio: rappresenta la vagina (si tratta di una mano chiusa a pugno, con il pollice che fuoriesce tra indice e dito medio). Ha molteplici usi, per così dire: può diventare un insulto ma anche uno scongiuro contro il malocchio; è interpretata anche come un segno di fertilità e dunque portare abbondanza.
Lo abbiamo cercato forse tutti, almeno una volta, camminando in un prato: il quadrifoglio. L’antico simbolo irlandese portafortuna, secondo i celti, può aiutare a vedere le fate ed evitare i dispiaceri d’amore. “Porta bene” però un po’ su tutti i fronti.
Il filo rosso, invece, protegge dalle invidie, dai brutti pensieri altrui, da tutto quello che impedisce o vorrebbe impedirci di esprimere il nostro massimo potenziale. Da indossare sul polso sinistro, dovrebbe essere in lana; attenzione: secondo alcuni cabalisti, bisogna farselo legare al polso solo da una persona che ci vuole bene.
L’ultimo – non certo per importanza – è il cornetto. Meglio se rosso (la perfezione sarebbe un amuleto realizzato in corallo ma anche in plastica può fare comunque la sua figura e svolgere il suo compito), affinché possa portare fortuna e cacciare il malocchio deve necessariamente essere stato ricevuto in dono. In soldoni: mai comprarne uno per se stessi. Questa tradizione scaramantica – vivissima in molte regioni italiane, con una speciale menzione per la Campania – ha origini che si perdono nel tempo; la forma fallica del cornetto lo rende un simbolo di fertilità, buoni auspici e virilità.
Hanno efficacia, questi talismani? “Dopo un esame critico ragionato dal punto di vista della psicologia, della scienza e della metapsichica – scrive Amadeus Voldben, scrittore e filosofo, nel libro “Le influenze negative” (Edizioni Mediterranee) – che non si può negare in senso assoluto l’efficacia di certi amuleti e di alcuni talismani” perché, spiega, rispondono ai fondamentali bisogni dell’uomo di sicurezza e difesa e perché il credere che abbiano degli effetti agevola la produzione di tali effetti benefici.
Alla stessa conclusione sono giunti diversi lavori scientifici, come quello realizzato da Eric Hamerman e Carey Morewedge (rispettivamente della Tulane e della Boston University): “’Utilizzare strategie, rimedi, amuleti legati alla superstizione aumenta la fiducia delle persone nella loro possibilità di raggiungere degli obiettivi; questa sensazione di efficacia e positività in determinate circostanze può portare a realizzare prestazioni migliori”, muoversi in modo più appropriato.
Amuleti, talismani, porta fortuna rappresentano insomma una “coperta di Linus” con un tocco “esoterico-popolare”, una sorta di stampella magica esterna che può diventare per qualcuno un sostegno importante nei momenti di incertezza: se questo fosse il caso, però, rendersene conto è il primo passo; il secondo può essere lavorare su di sè per ritrovare, invece, una nuova autostima e fiducia nelle proprie risorse che consenta alla superstizione di rimanere sullo sfondo. Nelle difficoltà, si potrà sempre e comunque chiedere anche un aiuto al Cielo. Ma, come ricorda Agnese, nel terzo capitolo dei Promessi Sposi: “Dio dice: aiutati, ch’io t’aiuto“.
Anna Maria Cebrelli