Sbornie emozionali: cosa sono, come affrontarle e come gestirle

Le sbornie emozionali hanno un impatto importante sul nostro benessere fisico, sulla memoria e sulla comprensione degli eventi futuri. Come affrontarle e ridurne al minimo gli effetti.

Le emozioni sono fondamentali nella nostra vita: ci sostengono nelle azioni, possono determinare le nostre scelte, ci forniscono una “chiave di lettura” di quello che accade intorno a noi. In genere hanno un andamento piuttosto “lineare” (che, per alcuni, include sbalzi d’umore o variabilità emotiva) ma se capita un evento fuori da ogni aspettativa, nel bene e nel male, ecco allora che le nostre emozioni possono avere un picco inaspettato, una vorticosità imprevista. Rappresentano una vera e propria sbornia emozionale: il loro effetto sul nostro corpo è travolgente, stancante o eccitante; riescono ad alterare le nostre percezioni e – secondo uno studio condotto dalle Università di New York, Berkeley e Ginevra – persino il modo in cui ricorderemo le esperienze successive.

L’attivazione fisiologica data da un’esperienza emozionante in genere fa sì che quell’evento venga facilmente ricordato anche nel tempo; i risultati della ricerca hanno dimostrato come avvenimenti che hanno un forte, fortissimo impatto emotivo producono delle modifiche negli stati cerebrali che possono perdurare nel tempo. Due le conseguenze: la prima è che quello che succede dopo viene ricordato meglio (meglio rispetto al ricordo che ne avremmo normalmente, senza aver vissuto prima una “sbornia emotiva”); la seconda è che possono persistere “distorsioni” – che gli psicologi e non solo chiamano “bias” – o errori nel codificare e collegare nuove informazioni che, in realtà, non sono tra correlate. In altri termini: una sbornia emozionale di oggi può influire – per lungo tempo – sulla percezione delle esperienze future. Che quindi ne può risultare distorta.

Si possono evitare le “sbornie emozionali”? Probabilmente no. Questi “sbalzi” sono il risultato di esperienze intense, piacevoli o dolorose. In entrambi i casi, hanno conseguenze vibranti che si riverberano anche sul corpo. Nel primo caso, la sensazione può essere più legata all’euforia. È un picco di energia dinamica, sconvolgente e scoppiettante. Quando cala, può lasciare una sensazione di vuoto, la difficoltà a rientrare in una dimensione più quotidiana. Nel secondo caso è destabilizzante, toglie i parametri di riferimento, è un lutto improvviso e nero, disorientante e annichilente, e può causare nel durante e successivamente mal di testa, di schiena, stanchezza, affaticamento.

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Quale che sia la situazione che incontriamo nella vita, la “potenza” della sbornia emozionale conseguente dipenderà però, anche, sempre, da noi. Non solo dalla nostra capacità di gestire ed elaborare le emozioni ma anche dallo sguardo (non solo intellettuale ma profondo, “incarnato”) con cui viviamo e interpretiamo il mondo. Non si tratta solo di intelligenza emotiva, delle “life skill” illustrate da Goleman, (linkaffiliazione). ma anche e soprattutto di una “centratura” sul Sè che consenta di approcciarsi alla vita in modo diverso: il che non vuol dire diventare come dei Vulcaniani e, alla stregua di “Spock”, negare le emozioni perché potrebbero “distruggerci” o farci male. Anzi: si tratta di viverle meglio e più pienamente.

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Per farlo occorre uscire un po’ alla volta dalla usuale reattività istintiva per arrivare, gradualmente, ad una risposta emozionale che integri tutti i piani, anche quello del Sé. Per arrivarci non servono bacchette magiche ma buone pratiche: ad esempio un po’ di mindfulness che, soprattutto nella sua versione originaria, collega mente, corpo, spirito ed emozioni; lo sviluppo dei propri talenti spirituali o comunque un lavoro personale orientato ad una maggiore autenticità personale e connessione con il Sè. Esperienze, queste, che nel tempo vanno ad incidere a livello profondo, modificando anche la struttura cerebrale; di conseguenza, spontaneamente, quello che per molti può rappresentare una “sbornia” (con tutte le spiacevoli conseguenze del caso) potrà diventare semmai solo… un bicchiere in più. Molto più facile da smaltire e senza effetti collaterali.

Anna Maria Cebrelli

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