Marea nera a Salamina: danni ingenti, coste da ripulire, ma nessuno ne parla più

Salamina, la marea nera che ha deturpato le spiagge della Grecia desta ancora preoccupazione. Anche se lo sversamento di petrolio è stato fermato, purtroppo i danni sono ingenti ma ormai nessuno ne parla più. E il silenzio a volte è altrettanto dannoso

Salamina, la marea nera che ha deturpato le spiagge della Grecia desta ancora preoccupazione. Anche se lo sversamento di petrolio è stato fermato, purtroppo i danni sono ingenti, ma ormai nessuno ne parla più. E il silenzio a volte è altrettanto dannoso.

Proseguono gli sforzi per ripulire centinaia di tonnellate di carburante finite in mare dopo l’affondamento della petroliera Aghia Zoni II lo scorso 10 settembre.

Nel frattempo, anche se i funzionari governativi hanno promesso che il petrolio sarà eliminato entro un mese, le ripercussioni legate alla fuoriuscita dureranno per anni.

Durante una riunione di gabinetto, il primo ministro Alexis Tsipras ha difeso la gestione della crisi da parte del governo, pur riconoscendo le preoccupazioni dei cittadini riguardo all’estensione e all’impatto dello sversamento.

Dal canto suo, WWF Grecia ieri ha presentato una serie di azioni legali contro “tutti coloro che sono responsabili” per quello che viene considerato “un crimine ambientale meritevole di esemplare punizione”.

“Visto che non è stato impedito il disastro, si dovrebbe almeno garantire che le responsabilità siano date in modo esemplare e che attraverso l’analisi approfondita delle cause occorre essere meglio preparati per evitare altri incidenti in futuro”, ha detto il direttore generale del WWF Grecia Dimitris Karavellas. “L’attribuzione delle responsabilità e la protezione penale dell’ambiente è nelle mani della giustizia. Noi, come WWF, contribuiremo a chiarire le cause e a dare un’informazione pubblica trasparente e il più possibile completa e affidabile”.

Per quanto riguarda gli sforzi di bonifica che sono attualmente in corso, il WWF si riserva una valutazione finale dopo il completamento delle operazioni di pulizia. Secondo l’associazione, però, occorrono riforme profonde nel sistema di rilascio delle licenze alle navi “affinché possiamo proteggere in modo più efficace la grande ricchezza del nostro paese che è il suo ambiente marino”.

Ogni giorno vengono effettuati i test sui campioni di acqua prelevati da diversi punti lungo la cosiddetta Riviera Ateniana. I risultati indicano che l’inquinamento è più acuto nell’area di Aghios Cosmas, Elliniko e Glyfada, ma soprattutto a Salamina, dov’è affondata la petroliera.

È emerso un altro punto poco chiaro, la cisterna Lassea, in cui viene trasferito il petrolio rimasto nella Aghia Zoni II, ha i certificati di sicurezza in scadenza proprio in questi giorni. Di male in peggio, senza considerare il fatto che il proprietario dell’Aghia Zoni II ha incolpato un’altra nave – il traghetto passeggeri Blue Star Patmos – dell’inquinamento. Il traghetto ha subito una perdita di carburante vicino al porto del Pireo la scorsa settimana. La quantità di carburante persa è considerata una frazione di quella emessa dall’Aghia Zoni II.

Nonostante il divieto di balneazione, le spiagge stanno tornando ad affollarsi di turisti nelle coste a sud di Atene.

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Dimitris Ibrahim di Greenpeace accusa invece il governo di aver abbandonato Salamina:

“La maggior parte delle sue spiagge inquinate sono state abbandonate, e la fuoriuscita di petrolio sta ancora coprendo un’ampia area”.

L’ennesimo paradiso perduto a causa del petrolio.

Francesca Mancuso

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